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vandea cristeros

 RIVOLUZIONE FRANCESE 


VANDEA


CRISTEROS MESSICO

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GUERRA CIVILE SPAGNOLA



FOIBE DEL CARSO


COMUNISTI ITALIANI


FALC (COLUMBIA)


Rassegna stampa: I martiri nascosti dell'America Latina



I dialoghi delle Carmelitane - Film completo: La tragica vicenda che durante la Rivoluzione Francese vide protagoniste e vittime le eroiche monache carmelitane del monastero di Compiègne, da allora note col nome di "Sante Martiri di Compiègne".

Film del 1959, tratto dall'opera di Bernanos, adattamento del romanzo "L'ultima al patibolo" di Gertrud Von Le Fort. Un capitolo troppo poco conosciuto della Rivoluzione francese: la tragica vicenda che durante la Rivoluzione Francese vide protagoniste e vittime le monache carmelitane del monastero di Compiègne. Le carmelitane di cui si parla furono tutte beatificate con il nome di "Sante Martiri di Compiègne". Avevano fatto "voto di martirio", offrendo le loro vite per ottenere che la Francia restasse cristiana e la fine del massacro. Furono beatificate il 27 maggio 1906 dal papa Pio X. La loro festa è stata fissata al 17 luglio, data di ricorrenza del loro martirio.

Il dramma “I dialoghi delle Carmelitane” è stato scritto da George Bernanos nel 1949 e messo in onda dalla Rai nel novembre 1956 nella versione diretta da Tatiana Pavlova. Gli interpreti dell’opera sono Emma Gramatica, Evy Maltagliati, Lea Padovani, Edda Albertini, Tino Carraro, Paolo Carlini, Piero Carnabuci - Regia: Tatiana Pavlova.


I dialoghi delle Carmelitane (Le dialogue des Carmélites) è una pièce teatrale di Georges Bernanos (basata sul racconto L’ultima al patibolo di Gertrud von Le Fort)


La storia narra la vicenda delle sedici Martiri di Compiègne, condannate a morte e giustiziate tramite ghigliottina il 17 luglio 1794, a Parigi.


Trama


Durante i difficili anni della Rivoluzione francese, la giovane nobildonna Bianca, su consiglio del padre, il marchese de la Force, decide di entrare nel convento di clausura delle Carmelitane di Compiègne. La necessità di trovare un rifugio sicuro si accompagna a una certa vocazione religiosa, ma, nonostante questo, Bianca ha paura di affrontare i sacrifici e la sofferenza e teme di non essere all’altezza della sua scelta.


Ben presto le autorità rivoluzionarie e il popolo cominceranno a infastidire le monache, accusate di essere delle reazionarie, nemiche della patria, che accaparrano ricchezze e danno ospitalità ai fuggiaschi. Costrette ad abbandonare il convento, le monache fanno voto di essere disposte a sacrificare la loro vita affinché la religione cattolica possa sopravvivere in Francia.


Disperse in piccoli gruppi, verranno quasi tutte arrestate, giudicate colpevoli e condannate a morte. Il corteo che le accompagna alla Piazza del Trono Rovesciato, dove avverrà l’esecuzione, attraverserà le strade di Parigi tra preghiere, benedizioni e canti religiosi. Bianca de la Force, con coraggio, salirà sul patibolo al posto di Madre Maria dell’Incarnazione, che sarà l’unica a salvarsi e che da sola dovrà continuare a praticare l’insegnamento del Carmelo.

https://www.youtube.com/watch?v=WRkxW68uDyk

https://www.youtube.com/watch?v=WYXfHWzYaqc

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Martiri della Rivoluzione Francese (Autore: Mons. Luigi Negri. Fonte: Il Timone n.17, Gennaio/Febbraio 2002) † Francia, fine XVIII secolo

santiebeati.it/dettaglio/94613


La persecuzione religiosa subita dai francesi cattolici durante la Rivoluzione francese non ha equivalenti nella storia se non le grandi persecuzioni del XX secolo. Di esse la Rivoluzione francese è stata il modello. La persecuzione religiosa non fu solo persecuzione contro i religiosi, ma una rivolta contro il cristianesimo, con il preciso intento di scristianizzare la nazione francese. La maggioranza dei preti venne assassinata od espulsa, tutte le chiese furono chiuse per un anno e mezzo ed il loro patrimonio requisito ed incamerato, duecentocinquantamila vandeani furono massacrati perché volevano andare alla Messa e restare fedeli alla Chiesa ed al Papa. 

Un martire è già stato dichiarato Santo, Fratel Salomone Laclerq dei Fratelli delle Scuole Cristiane, la cui canonizzazione è stata celebrata da Papa Francesco il 16 ottobre 2016. 

Ben 439 martiri sono già venerati come Beati, elevati agli onori degli altari in più riprese e da diversi Papi. 

Per altri 593 Servi di Dio sono in corsi i processi per il riconoscimento del martirio. Presso l’Arcidiocesi di Parigi, inoltre, è in fase di avvio la causa di beatificazione della principessa Elisabetta di Francia, nota come Madame Elisabeth, sorella del Re Luigi XVI. Per quest’ultimo, invece, non è mai stata avviata ufficialmente la causa, nonostante Papa Pio VI con l’Allocuzione Quare lacrymae (Roma, 17 giugno 1793) si fosse dichiarato propenso a considerare martirio la sua morte.

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I MARTIRI DELLA VANDEA

Nel 1793, durante la Rivoluzione francese, si scatenò, nella terra della Vandea, il primo genocidio di Stato della storia occidentale. Il regime rivoluzionario di Parigi venne imposto con la forza nelle province di Francia ed ebbe in Vandea, la più cattolica di esse, la reazione più coraggiosa e gloriosa. I Blanchs (i vandeani) si contrapposero ai Blues (i giacobini): uniti a Dio e al Re, i contadini della Vandea, con i loro amati sacerdoti e i loro generali, si distinsero per la strenua difesa contro la dea ragione ed il principio deista dell’essere supremo; perciò, a causa del loro fermissimo Credo e della loro fedeltà monarchica, vennero massacrati. Per odio ideologico perirono, in quell’ecatombe, più di 30 mila abitanti. Tuttavia di questo evento storico o si è parlato in termini negativi per esaltare i “benefici” della Rivoluzione e del Terrore sanguinario oppure lo si è del tutto omesso dai libri di storia…

Lascia scritto Aleksandr Isaevič Solženicyn:

«Già due terzi di secolo fa, da ragazzo, leggevo con ammirazione i libri che evocavano la sollevazione della Vandea, così coraggiosa e così disperata, ma non avrei mai potuto immaginare, neppure in sogno, che nei miei tardi giorni avrei avuto l’onore di partecipare all’inaugurazione di un monumento agli eroi e alle vittime di questa sollevazione. […] gli avvenimenti storici non vengono mai compresi appieno nell’incandescenza delle passioni che li accompagnano, ma a distanza, una volta che il tempo li abbia raffreddati.

Per molto tempo ci si è rifiutati di capire di accettare quel che gridavano coloro che morivano, che venivano bruciati vivi: i contadini di una contea laboriosa, per i quali la rivoluzione sembrava essere fatta apposta, ma che la stessa rivoluzione oppresse e umiliò fino alle estreme conseguenze: e proprio contro essa si rivoltarono. […]. È stato il ventesimo secolo ad appannare, agli occhi dell’umanità, quell’aureola romantica che circondava la rivoluzione del XVIII secolo […] le rivoluzioni distruggono il carattere organico della società; quanto rovinino il corso naturale della vita; quanto annichiliscano i miglioramenti della popolazione, lasciando campo libero ai peggiori; come nessuna rivoluzione possa arricchire un Paese, ma solo qualche imbroglione senza scrupoli; come nel proprio Paese, in generale, essa sia causa di morti innumerevoli, di un esteso depauperamento e, nei casi più gravi, di un decadimento duraturo della popolazione» («Famiglia Cristiana», n. 41/1993, pp.80-81).

In Vandea si verificarono una serie di conflitti civili scoppiati al tempo della Rivoluzione francese, che videro la popolazione della Vandea e di altri dipartimenti vicini insorgere contro il governo rivoluzionario. La prima e la seconda guerra di Vandea vengono solitamente accorpate in un unico periodo che va dal 1793 al 1796. L'insurrezione ebbe inizio nel marzo 1793, quando la Convenzione Nazionale ordinò la leva obbligatoria per 300.000 uomini da inviare al fronte e proseguì per i successivi tre anni, con brevi tregue durante le feste come il Natale e la Pasqua. Il periodo più acuto degli scontri, in cui spesso gli insorti ebbero ragione delle truppe repubblicane, terminò con la vittoria di queste ultime nella battaglia di Savenay. La repressione compiuta tra l'estate del 1793 e la primavera del 1794, ad opera delle truppe repubblicane regolari e da reparti di volontari, fu assai feroce.

Tuttavia gruppi armati vandeani continuarono a combattere e una tregua vera e propria si ebbe solo nella primavera del 1795, con la pace di La Jaunaye. Questa prima guerra fu la più importante per numero di operazioni militari ed è quella a cui comunemente ci si riferisce trattando dell'insurrezione vandeana. Nondimeno lo stato insurrezionale rimase endemico nella regione e la rivolta si riaccese più volte negli anni seguenti, soprattutto nei momenti di crisi dei governi repubblicani e napoleonici. Il 24 giugno 1795 iniziò la seconda guerra di Vandea, che terminò l'anno successivo.

La terza guerra di Vandea durò solo tre mesi, dal 26 ottobre al 17 dicembre 1799, terminando con l'armistizio di Pouancé: a causa dell'instabile situazione politica, la Francia non avrebbe potuto sostenere una nuova guerra civile e per questo motivo il nuovo Governo francese preferì acconsentire alle richieste degli insorti, in modo da evitare il ritorno della monarchia, che in quel momento sembrava imminente.

La quarta guerra di Vandea iniziò nel marzo 1813, dopo la ritirata di Napoleone dalla Russia (1812) ed ebbe una pausa quando, a seguito della sconfitta dell'Imperatore a Lipsia (ottobre 1813), Luigi XVIII salì al trono, nell'aprile 1814. Dopo il ritorno al potere di Napoleone con i Cento Giorni, la guerra riprese il 15 maggio 1815 e terminò il mese successivo quando, a seguito della battaglia di Waterloo, Luigi XVIII ritornò sul trono di Francia nel giugno 1815. Il Sovrano, in segno di riconoscenza, conferì il grado di generale dei granatieri reali (un corpo militare addetto alla protezione del re) al generalissimo dell'armata vandeana Louis de La Rochejaquelein e lo stesso fece con il suo successore Charles Sapinaud, che divenne generale e fu insignito del titolo di Duca.

I vandeani iniziarono la rivolta solo dopo che il regime terroristico attuò misure repressive per il clero e aumentò le tasse per poter sostenere le spese militari. Il ripristino della monarchia rappresentava per i controrivoluzionari vandeani una soluzione per porre fine alla tragica rivoluzione.

I primi testi che trattarono del genocidio vandeano furono le memorie di alcuni dei protagonisti di quei tragici eventi: la marchesa La Rochejaquelein, Poirier de Beauvais, Joseph de Puisaye, la signora Sapinaud de La Rairie e per i repubblicani: Grouchy, Kléber, René-Pierre Choudieu, Turreau, Dumas. Il più celebre documento, del primo raggruppamento di testimoni, sono le Mémoires (1811) de Madame la marquise de la Rochejaquelein, vedova di Louis Marie de Lescure e in seguito di Louis de La Rochejaquelein, che essendo vedova di due tra i più importanti generali dell'Esercito cattolico e reale visse in prima persona tutte le guerre di Vandea, che descrive come una rivolta spontanea dei contadini per difendere il loro re e la loro Chiesa.

L' Esercito cattolico e reale era formato da quei francesi contrari alla rivoluzione e che invece sostenevano la monarchia, in particolare era composto da contadini della cosiddetta «Vandea Militare», composta dai dipartimenti di Vandea, Loira Atlantica, Maine-et-Loire e Deux-Sèvres. I capi furono scelti tra la nobiltà francese che non era emigrata in altri Stati, per paura della cattura e della ghigliottina, ma che rimase in Francia per cercare di ristabilire la monarchia.

L' Esercito nacque il 4 aprile 1793, in seguito alla riunione dei principali capi vandeani avvenuta a Chemillé, in seguito alla quale venne scelto come comandante in capo (che verrà chiamato «Generalissimo») Jacques Cathelineau. Da Parigi, intanto, la Convenzione, ordinò la «pulizia etnica» dei «briganti» vandeani.

I principali capi militari dell’Esercito cattolico e reale furono: Jacques Cathelineau, François-Athanase Charette de La Contrie, Charles Melchior Artus de Bonchamps, Maurice-Louis-Joseph Gigot d'Elbée, Louis Marie de Lescure, Henri du Vergier de La Rochejaquelein, Jean Nicolas Stofflet, Jacques Nicolas Fleuriot de La Fleuriais, Charles Sapinaud, Louis e Auguste du Vergier de La Rochejaquelein (entrambi fratelli di Henri de La Rochejaquelein), Charles d'Autichamps. Alcuni di questi valorosi e cattolici generali sono ricordati nella bellissima canzone di Jean Pax Méfret, Guerre de Vendée.

Il simbolo della controrivoluzione vandeana era un cuore sormontato da una croce rossa su campo bianco a simboleggiare i Sacri Cuori di Gesù e di Maria, ai quali i vandeani erano particolarmente devoti grazie alla predicazione di San Luigi Maria Grignion de Montfort; inoltre tale simbolo richiamava anche lo stemma della Vandea, anch’esso formato da due cuori rossi (quelli di Gesù e Maria) sormontati da una corona che termina con una croce e che rappresentare la regalità di Cristo. Il motto era «Dieu Le Roi» («Dio [è] il Re»).

L’odio per la profonda Fede religiosa dei vandeani fu la ragione principale della spaventosa repressione e delle stragi indiscriminate. Il Terrore si scatenò contro la Fede e contro contadini che volevano continuare a vivere del loro lavoro e dei loro valori.

Ancora oggi nelle case di Lucs-sur-Boulogne (sul fiume Boulogne), il villaggio dove la memoria è molto forte, è rimasto il simbolo della rivolta vandeana: la bandiera con il cuore e la croce. Le chiese della Vandea sono piuttosto recenti, perché i Blues, i soldati inviati dalla Convenzione di Parigi, ne bruciarono circa 800.

La chiesa più piccola di Le Lucs, chiamata «la Chapelle», sorge su un colle un po’ fuori dal paese ed è divenuta monumento storico. Qui, il 28 febbraio 1794, i soldati entrarono nella Chapelle (che sorgeva nello stesso luogo e identica a quella odierna) e spianarono i loro fucili contro più di cento uomini e soprattutto donne e bambini. Le vittime, che pregavano in ginocchio per prepararsi alla morte, vennero trucidati dai rivoluzionari. In tutto il villaggio di Le Lucs i morti furono 563, fra cui 110 bambini al di sotto dei sette anni: oggi i loro nomi sono scolpiti sulle pareti a perenne memoria de «la haine de la foi» («l’odio verso la fede»). Vicino alla Chapelle sorge un museo-memoriale, che venne inaugurato da Solzenicyn il 25 settembre 1993.

In Vandea, su 800 parrocchie circa, i preti refractaires, che cioè rifiutarono di giurare all’Assemblea costituente di Parigi, furono 768 e tutti vennero sostituiti da parroci sermentées, cioè giurati (spesso neppure regolarmente ordinati), disprezzati dai contadini vandeani. La persecuzione quotidiana dei sacerdoti veri fu la prima e reale ragione dell’esasperazione vandeana. Esiste un documento del più feroce persecutore e sterminatore giacobino, il generale Louis Marie Tourreau, nel quale sottolinea la grande autorità, presso i vandeani, dei preti non giurati  e ciò per tre ragioni: integrità dei costumi, serietà della formazione dottrinale, intima conoscenza del loro gregge.

La guerra civile in Francia su larga scala ebbe inizio proprio in Vandea con l’insurrezione di Bressuire. La repressione provocò 100 morti e molti rivoluzionari staccarono le orecchie delle loro vittime per farsene coccarde.

Molte furono le vittorie a vantaggio del popolo armato di forche e falci contro le equipaggiate truppe rivoluzionarie. Nantes, strappata «ai borghesi di Parigi», fu tenuta per mesi. Ma proprio Nantes fu spesso teatro degli annegamenti delle persone, essi ebbero inizio alla fine del 1793 e continuarono fino alla primavera del 1794. Responsabile fu soprattutto Jean-Bptiste Carrier, inviato dalla Convenzione di Parigi a praticare la «soluzione finale» del problema vandeano. Le prime tre cosiddette noyades furono rivolte esclusivamente ai preti refractaires (250 circa). Gli storici calcolano che gli annegati furono circa 8000. Quando Carrier tornò a Parigi, dopo gli eccidi, la Convenzione per togliersi la responsabilità dei massacri decise di tagliargli la testa sotto Madame Guillotine.

Il generale Tourreau, invece, mise a ferro e fuoco la regione vandeana da nord a sud e da est ad ovest: i villaggi venivano circondati, la gente radunata e trucidata, infine i soldati incendiavano case ed edifici. Chiaro l’obiettivo: l’olocausto del popolo vandeano era accompagnato alla distruzione di tutto. Scriveva la  «Gazette Nationale» riportando la seduta del 17 febbraio 1794: (trascitta il 19, p. 503): «si tratta di spazzare con il cannone il suolo della Vandea e di purificarlo con il fuoco». Ha spiegato il grande storico del genocidio vandeano Reynald Secher: «Queste rappresaglie non corrispondono dunque agli atti orribili, ma inevitabili, che si verificano nell’accanimento dei combattimenti di una lunga e atroce, ma proprio a massacri premeditati, organizzati, pianificati, commessi a sangue freddo, massicci e sistematici, con la volontà cosciente e proclamata di distruggere una regione ben definita e di sterminare tutto un popolo, di preferenza donne e bambini» (R. Secher, Il genocidio vandeano, Effedieffe Edizioni,  Milano 1989, p. 306) per sterminare una «razza maledetta», termine ripreso da tutti i rivoluzionari, una razza ed una terra considerate irrecuperabili, perciò: «La guerra finirà solo quando non vi sarà più un abitante su questa terra disgraziata» (Archivio storico dell’esercito, B. 58. Lettera del 25 piovoso dell’anno II). I Giacobini gioivano, come risulta dai documenti dell’epoca, nel lasciare sul loro cammino soltanto cadaveri e rovine… perché occorreva «sacrificare tutto alla vendetta nazionale» (R. Secher, Il genocidio vandeano, p. 306). Insomma, la volontà di far sparire dalla faccia della terra ogni traccia di un popolo, qualsiasi popolo, contiene in sé la definizione di genocidio.


Per approfondire: Reynald Secher, Il genocidio vandeano, Effedieffe Edizioni, Milano 1989.

santiebeati.it/dettaglio/95458


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Un uomo che fa a meno di Dio, uno Stato che diventa totalitario, un odio sfrenato verso la religione cattolica e la monarchia, l’annientamento del passato e il culto della dea ragione: questi i capisaldi dell’evento preso a simbolo della nascita del mondo moderno.


La Rivoluzione francese è il primo radicale tentativo di costruire una società ed una struttura statale nell’orizzonte di quella cultura che si definisce "moderna". Capisaldi di questa cultura sono: un uomo "senza Dio", assolutamente autonomo ed autosufficiente che non ha bisogno di nessun riferimento religioso per conoscere la sua identità, i principi fondamentali del suo comportamento, le regole fondamentali della vita sociale. 

Si definisce questo mondo culturale anche come laicismo. 


Padre Cornelio Fabro raccoglieva l’essenza del laicismo in questa formula:

 "Dio se c’è, non c’entra".

Il mondo moderno con la Rivoluzione francese ha dimostrato in modo gigantesco, negli sforzi e anche negli orrori, che era possibile creare una società e uno Stato secondo quella ragione illuministica, che è sostanzialmente una ragione scientifico-tecnologica. 

In particolare lo Stato costituisce l’obiettivo ultimo dello sforzo per razionalizzare la vita dell’uomo nella società. 

Lo Stato diviene dunque la realtà che raccoglie tutti i valori razionali, culturali ed etici: diviene dunque il vero fatto che dà valore totale alla persona ed alla società.

Si può anche dire che la Rivoluzione Francese sostituisce ad uno Stato che riconosce una dimensione religiosa della vita, uno Stato che si presenta come capace di totalizzare la società: uno stato "totalitario", appunto. 

È ovvio che quindi non si è trattato di una evoluzione di pezzi della società precedente, richiesta dall’apparire di nuove esigenze, di nuovi problemi, di nuove sfide. 

La società precedente aveva vissuto momenti di riforma parziale che l’avevano, in qualche modo, adeguata progressivamente alla evoluzione di tempi e problemi.

La Rivoluzione francese invece crea un mondo nuovo: in tanto il mondo nuovo si può costruire se si distrugge il mondo del passato. 

Il mondo del passato (l’Ancìen Regime) è considerato dai rivoluzionari francesi come l’insieme di tutti gli errori teorici e politici, di tutte le ingiustizie personali e sociali, di quella profonda alienazione da cui appunto ‘uomo doveva essere liberato per l’esercizio di quello che gli illuministi avevano chiamato "il lume della ragione". 

La Rivoluzione francese ha innegabilmente al cuore una forza eversiva del passato: il passato deve essere distrutto, addirittura nella sua consistenza materiale, nella realtà delle sue istituzioni e dei suoi costumi, nelle grandi espressioni culturali, artistiche e poetiche: perché tutto nel passato grida lacrime e sangue e l’uomo invece non deve più soffrire.


La politica, la nuova religione, che pretenderà di imporre a tutti i francesi il culto della dea ragione, è la sola in grado di garantire "la felicità degli uomini sulla terra" 

(cfr. "Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino"). 

Ma la tradizione non era un passato, la tradizione era un presente: nella presenza della Chiesa come popolo di Dio presente nel mondo la tradizione segnava la vita della persona e della società, rivelava ancora una capacità di educazione della persona e di fondazione di rapporti culturali e sociali. Per questo motivo, dall’Assemblea degli Stati Generali (1789) fino al regicidio (1793), ed al Terrore giacobìno, la Rivoluzione francese assume un volto innegabilmente anti-ecclesiale ed anti-ecclesiastico. 

L’inizio di questa lotta contro la Chiesa francese è la Costituzione civile del clero (1790). La Chiesa francese, in quanto tende ad essere una struttura della vita sociale ed a proporre una cultura, una morale ed una immagine di società che nascono dalla fede, deve accettare di essere "formata dallo Stato". Mentre ufficialmente sì parla di "separazione della Chiesa dallo stato", in realtà la Chiesa viene strettamente legata alla struttura giuridica ed amministrativa dello Stato. Per essere Chiesa, la Chiesa francese deve accettare di avere un riconoscimento civile dallo Stato. Così le oltre trecento diocesi francesi vengono ridotte a meno dì cento e fatte coincidere con i dipartimenti, le parrocchie vengono forzosamente fatte coincidere con le province: vescovi e parroci vengono eletti dalle assemblee degli aventi diritto al voto (meno dello 0,5% di tutto il popolo francese). Viene spezzato il vincolo di comunione e di dipendenza dal Papa, a cui viene riconosciuto soltanto un primato di onore e non di giurisdizione.

Una infima minoranza del clero francese giura la Costituzione civile e formerà così la chiesa "giurata"; la quasi totalità del clero francese rifiuterà il giuramento (e formerà la cosiddetta "chiesa refrattaria"). Centinaia di migliaia di cattolici francesi scriveranno una delle pagine più fulgide del martirio della Chiesa nei tempi moderni. Giovanni Paolo II canonizzerà questa parte importante del popolo cattolico di Francia, martire, nella varietà delle sue vocazioni: vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, padri e madri di famiglia, anche fanciulli di pochi anni. Sono per noi il segno eloquente e commovente che la missione ecclesiale si svolge sempre nell’orizzonte del martirio. La Rivoluzione insieme alla Chiesa rifiuta la monarchia. Occorre intendersi bene. La monarchia non è anzitutto da considerarsi come una determinata procedura nell’esercizio del potere; la monarchia francese è la testimonianza, al di là della grandezza o povertà dei singoli monarchi, che la radice dello Stato e del potere è di carattere religioso.


Il re di Francia, incoronato nella cattedrale di Reims in una fastosa cerimonia sacramentale ed unto con il crisma delle ordinazioni episcopali, è innanzitutto il padre ed il custode della fede del popolo di Francia e della libertà della Chiesa: il suo potere effettivo di governo è certamente ampiamente condizionato da una struttura di partecipazione del clero e dei nobili e successivamente anche dei più alti esponenti della classe borghese. 

"Il re deve morire perché è il re": così tuonò Robespierre alla Convenzione, durante quel processo che gli storici più seri di oggi sono inclini a considerare più una farsa" che una cosa seria.

Così dalla convergenza di anti-ecclesialità e di rifiuto della monarchia, tende a nascere, in piena Europa e su suolo francese. Il primo esperimento di una struttura politica chiusa in se stessa, che non riconosce nessuna istanza, né a sé, né accanto a sé: quella struttura totalitaria, che a qualche anno dalla solenne Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino ha potuto condannare a morte decine di migliaia di francesi solo sulla base di semplici "sospetti ("la legge dei sospetti").

La giustizia è una giustizia "giacobina": è l’inizio di quelle giustizie aggettivate (fascista, nazista, comunista, popolare) che l’ultimo secolo ha tragicamente sperimentato sulla propria pelle e nella devastazione della propria coscienza. La Rivoluzione francese non deve essere, comunque, demonizzata: in certi settori della vita sociale ha segnato degli indubbi progressi nei confronti di situazioni che potrebbero essere definite "di stagnazione": ma è indubbio che nelle sue spinte propulsive e nel processo culturale, sociale e politico che ha iniziato, e che la storia ha rigorosamente condotto a compimento, la Rivoluzione francese ha determinato quel totalitarismo politico nel quale l’umanità europea, e non solo, ha rischiato di naufragare.



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Quanta Cura 

https://www.vatican.va/content/pius-ix/it/documents/encyclica-quanta-cura-8-decembris-1864.html

SILLABO:

[ELENCO] DEI PRINCIPALI ERRORI DELL’ETÀ NOSTRA, CHE SON NOTATI NELLE ALLOCUZIONI CONCISTORIALI, NELLE ENCICLICHE E IN ALTRE LETTERE APOSTOLICHE DEL SS. SIGNOR NOSTRO PAPA PIO IX


I - Panteismo, naturalismo e razionalismo assoluto


I. Non esiste niun Essere divino, supremo, sapientissimo, provvidentissimo, che sia distinto da quest’universo, e Iddio non è altro che la natura delle cose, e perciò va soggetto a mutazioni, e Iddio realmente vien fatto nell’uomo e nel mondo, e tutte le cose sono Dio ed hanno la sostanza stessissima di Dio; e Dio è una sola e stessa cosa con il mondo, e quindi si identificano parimenti tra loro, spirito e materia, necessità e libertà, vero e falso, bene e male, giusto ed ingiusto.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


II. È da negare qualsiasi azione di Dio sopra gli uomini e il mondo.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


III. La ragione umana è l’unico arbitro del vero e del falso, del bene e del male indipendentemente affatto da Dio; essa è legge a se stessa, e colle sue forze naturali basta a procurare il bene degli uomini e dei popoli.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


IV. Tutte le verità religiose scaturiscono dalla forza nativa della ragione umana; laonde la ragione è la prima norma, per mezzo di cui l’uomo può e deve conseguire la cognizione di tutte quante le verità, a qualsivoglia genere esse appartengano.


Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.


Encicl. Singulari quidem, 17 marzo 1856.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


V. La rivelazione divina è imperfetta, e perciò soggetta a processo continuo e indefinito, corrispondente al progresso della ragione umana.


Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


VI. La fede di Cristo si oppone alla umana ragione; e la rivelazione divina non solo non giova a nulla, ma nuoce anzi alla perfezione dell’uomo.


Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


VII. Le profezie e i miracoli esposti e narrati nella sacra Scrittura sono invenzioni di poeti, e i misteri della fede cristiana sono il risultato di indagini filosofiche; e i libri dell’Antico e Nuovo Testamento contengono dei miti; e Gesù stesso è un mito.


Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


II - Razionalismo moderato


VIII. Siccome la ragione umana si equipara colla stessa religione, perciò le discipline teologiche si devono trattare al modo delle filosofiche.


condannato da: Singulari quadam perfusi, 9 dicembre 1854.


IX. Tutti indistintamente i dommi della religione cristiana sono oggetto della naturale scienza ossia filosofia, e l’umana ragione, storicamente solo coltivata, può colle sue naturali forze e principi pervenire alla vera scienza di tutti i dommi, anche i più reconditi, purché questi dommi siano stati alla stessa ragione proposti.


Lett. all’Arciv. di Frisinga Gravissimas, 11 dicembre 1862.


Lett. al medesimo Tuas libenter, 21 dicembre 1862.


X. Altro essendo il filosofo ed altro la filosofia, quegli ha diritto e ufficio di sottomettersi alle autorità che egli ha provato essere vere: ma la filosofia né può, né deve sottomettersi ad alcuna autorità.


Lett. all’Arciv. di Frisinga Gravissimas, 11 dicembre 1862.


Lett. al medesimo Tuas libenter, 21 dicembre 1862.


XI. La Chiesa non solo non deve mai correggere la filosofia, ma anzi deve tollerarne gli errori e lasciare che essa corregga se stessa.


Lett. all’Arciv. di Frisinga Gravissimas, 11 dicembre 1862.


XII. I decreti della Sede apostolica e delle romane Congregazioni impediscono il libero progresso della scienza.


Lett. all’Arciv. di Frisinga Tuas libenter, 21 dicembre 1862.


XIII. Il metodo e i principi, coi quali gli antichi Dottori scolastici coltivarono la teologia, non si confanno alle necessità dei nostri tempi e al progresso delle scienze.


Lett. all’Arciv. di Frisinga Tuas libenter, 21 dicembre 1862.


XIV. La filosofia si deve trattare senza aver riguardo alcuno alla soprannaturale rivelazione.


Lett. all’Arciv. di Frisinga Tuas libenter, 21 dicembre 1862.


N. B. – Col sistema del razionalismo sono in massima parte uniti gli errori di Antonio Günther, che vengono condannati nella Lett. al Card. Arciv. di Colonia, Eximiam tuam, 15 giugno 1847, e nella Lett. al Vesc. di Breslavia, Dolore haud mediocri, 30 aprile 1860.


III - Indifferentismo, latitudinarismo


XV. È libero ciascun uomo di abbracciare e professare quella religione che, sulla scorta del lume della ragione, avrà reputato essere vera.


Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


XVI. Gli uomini nell’esercizio di qualsivoglia religione possono trovare la via della eterna salvezza, e conseguire l’eterna salvezza.


Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.


condannato da: Ubi primum, 17 dicembre 1847.


Encicl. Singulari quidem, 17 marzo 1856.


XVII. Almeno si deve bene sperare della eterna salvezza di tutti coloro che non sono nella vera Chiesa di Cristo.


condannato da: Singulari quadam, 9 dicembre 1854.


Encicl. Quanto conficiamur, 17 agosto 1863.


XVIII. Il protestantesimo non è altro che una forma diversa della medesima vera religione cristiana, nella quale egualmente che nella Chiesa cattolica si può piacere a Dio.


Encicl. Noscitis et Nobiscum, 8 dicembre 1849.


IV - Socialismo, comunismo, società segrete, società bibliche, società clerico-liberali


Tali pestilenze, spesso, e con gravissime espressioni, sono riprovate nella Epist. Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846; nella condannato da:Quibus quantisque, 20 aprile 1849: nella Epist. Encicl. Nostis et Nobiscum, 8 dicembre 1849; nella condannato da: Singulari quadam, 9 dicembre 1854; nell’Epist. Quanto conficiamur, 10 agosto 1863.


V - Errori sulla Chiesa e suoi diritti


XIX. La Chiesa non è una vera e perfetta società pienamente libera, né è fornita di suoi propri e costanti diritti, conferitile dal suo divino Fondatore, ma tocca alla potestà civile definire quali siano i diritti della Chiesa e i limiti entro i quali possa esercitare detti diritti.


condannato da: Singulari quadam, 9 dicembre 1854.


condannato da: Multis gravibusque, 18 dicembre 1860.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


XX. La potestà ecclesiastica non deve esercitare la sua autorità senza licenza e consenso del governo civile.


condannato da: Meminit unusquisque, 30 settembre 1861.


XXI. La Chiesa non ha potestà di definire dommaticamente che la religione della Chiesa cattolica sia l’unica vera religione.


Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.


XXII. L’obbligazione che vincola i maestri e gli scrittori cattolici, si riduce a quelle cose solamente, che dall’infallibile giudizio della Chiesa sono proposte a credersi da tutti come dommi di fede.


Lett. all’Arciv. di Frisinga Tuas libenter, 21 dicembre 1862.


XXIII. I Romani Pontefici ed i Concilii ecumenici si scostarono dai limiti della loro potestà, usurparono i diritti dei Principi, ed anche nel definire cose di fede e di costumi errarono.


Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.


XXIV. La Chiesa non ha potestà di usare la forza, né alcuna temporale potestà diretta o indiretta.


Lett. Apost. Ad Apostolicae, 22 agosto 1851.


XXV. Oltre alla potestà inerente all’episcopato, ve n’è un’altra temporale che è stata ad esso concessa o espressamente o tacitamente dal civile impero il quale per conseguenza la può revocare, quando vuole.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


XXVI. La Chiesa non ha connaturale e legittimo diritto di acquistare e di possedere.


condannato da: Nunquam fore, 15 dicembre 1856.


Lett. Encicl. Incredibili, 17 settembre 1863.


XXVII. I sacri ministri della Chiesa ed il Romano Pontefice debbono essere assolutamente esclusi da ogni cura e da ogni dominio di cose temporali.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


XXVIII. Ai Vescovi, senza il permesso del Governo, non è lecito neanche promulgare le Lettere apostoliche.


condannato da: Nunquam fore, 15 dicembre 1856.


XXIX. Le grazie concesse dal Romano Pontefice si debbono stimare irrite, quando non sono state implorate per mezzo del Governo.


condannato da: Nunquam fore, 15 dicembre 1856.


XXX. L’immunità della Chiesa e delle persone ecclesiastiche ebbe origine dal diritto civile.


Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.


XXXI. Il foro ecclesiastico per le cause temporali dei chierici, siano esse civili o criminali, dev’essere assolutamente abolito, anche senza consultare la Sede apostolica, e nonostante che essa reclami.


condannato da: Acerbissimum, 27 settembre 1852.


condannato da: Nunquam fore, 15 dicembre 1856.


XXXII. Senza violazione alcuna del naturale diritto e delle equità, si può abrogare l’immunità personale, in forza della quale i chierici sono esenti dalla leva e dall’esercizio della milizia; e tale abrogazione è voluta dal civile progresso, specialmente in quelle società le cui costituzioni sono secondo la forma del più libero governo.


Epist. al Vescovo di Monreale Singularis Nobisque, 29 sett. 1864.


XXXIII. Non appartiene unicamente alla ecclesiastica potestà di giurisdizione, qual diritto proprio e connaturale, il dirigere l’insegnamento della teologia.


Lett. all’Arciv. di Frisinga Tuas libenter, 21 dicembre 1862.


XXXIV. La dottrina di coloro che paragonano il Romano Pontefice ad un Principe libero che esercita la sua azione in tutta la Chiesa, è una dottrina la quale prevalse nel medio evo.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


XXXV. Niente vieta che per sentenza di qualche Concilio generale, o per opera di tutti i popoli, il sommo Pontificato si trasferisca dal Vescovo Romano e da Roma ad un altro Vescovo e ad un’altra città.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


XXXVI. La definizione di un Concilio nazionale non si può sottoporre a verun esame, e la civile amministrazione può considerare tali definizioni come norma irretrattabile di operare.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


XXXVII. Si possono istituire Chiese nazionali non soggette all’autorità del Romano Pontefice, e del tutto separate.


condannato da: Multis gravibusque, 17 dicembre 1860.


condannato da: Iamdudum cernimus, 18 marzo 1861.


XXXVIII. Gli arbìtri eccessivi dei Romani Pontefici contribuirono alla divisione della Chiesa in quella di Oriente e in quella di Occidente.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


VI - Errori che riguardano la società civile, considerata in sé come nelle sue relazioni con la Chiesa


XXXIX. Lo Stato, come quello che è origine e fonte di tutti i diritti, gode un certo suo diritto del tutto illimitato.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


XL. La dottrina della Chiesa cattolica è contraria al bene ed agl’interessi della umana società.


Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.


condannato da: Quibus quantisque, 20 aprile 1849.


XLI. Al potere civile, anche esercitato dal signore infedele, compete la potestà indiretta negativa sopra le cose sacre; perciò gli appartiene non solo il diritto del cosidetto exequatur, ma anche il diritto del cosidetto appello per abuso.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


XLII. Nella collisione delle leggi dell’una e dell’altra potestà, deve prevalere il diritto civile.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


XLIII. Il potere laicale ha la potestà di rescindere, di dichiarare e far nulli i solenni trattati (che diconsi Concordati) pattuiti con la Sede apostolica intorno all’uso dei diritti appartenenti alla immunità ecclesiastica; e ciò senza il consenso della stessa Sede apostolica, ed anzi, malgrado i suoi reclami.


condannato da: In Concistoriali, 1° novembre 1850.


condannato da: Multis gravibusque, 17 dicembre 1860.


XLIV. L’autorità civile può interessarsi delle cose che riguardano la religione, i costumi ed il governo spirituale. Quindi può giudicare delle istruzioni che i pastori della Chiesa sogliono dare per dirigere, conforme al loro ufficio, le coscienze, ed anzi può fare regolamenti intorno all’amministrazione dei Sacramenti ed alle disposizioni necessarie per riceverli.


condannato da: In Concistoriali, 1° novembre 1850.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


XLV. L’intero regolamento delle pubbliche scuole, nelle quali è istruita la gioventù dello Stato, eccettuati solamente sotto qualche riguardo i Seminari vescovili, può e dev’essere attribuito all’autorità civile; e talmente attribuito, che non si riconosca in nessun’altra autorità il diritto di intromettersi nella disciplina delle scuole, nella direzione degli studi, nella collazione dei gradi, nella scelta e nell’approvazione dei maestri.


condannato da: In Concistoriali, 1° novembre 1850.


condannato da: Quibus luctuosissimis, 5 settembre 1851.


XLVI. Anzi, negli stessi Seminari dei Chierici, il metodo da adoperare negli studi è soggetto alla civile autorità.


condannato da: Numquam fore, 15 dicembre 1856.


XLVII. L’ottima forma della civile società esige che le scuole popolari, quelle cioè che sono aperte a tutti i fanciulli di qualsiasi classe del popolo, e generalmente gl’istituti pubblici, che sono destinati all’insegnamento delle lettere e delle più gravi discipline, nonché alla educazione della gioventù, si esimano da ogni autorità, forza moderatrice ed ingerenza della Chiesa, e si sottomettano al pieno arbitrio dell’autorità civile e politica secondo il placito degli imperanti e la norma delle comuni opinioni del secolo.


Epist. all’Arciv. di Frisinga Quum non sine, 14 luglio 1864.


XLVIII. Può approvarsi dai cattolici quella maniera di educare la gioventù, la quale sia disgiunta dalla fede cattolica, e dall’autorità della Chiesa e miri solamente alla scienza delle cose naturali, e soltanto o per lo meno primieramente ai fini della vita sociale.


Epist. all’Arciv. di Frisinga Quum non sine, 14 luglio 1864.


IL. La civile autorità può impedire ai Vescovi ed ai popoli fedeli di comunicare liberamente e mutuamente col Romano Pontefice.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


L. L’autorità laicale ha di per sé il diritto di presentare i Vescovi e può esigere da loro che incomincino ad amministrare le diocesi prima che essi ricevano dalla S. Sede la istituzione canonica e le Lettere apostoliche.


condannato da: Nunquam fore, 15 dicembre 1856.


LI. Anzi il Governo laicale ha diritto di deporre i Vescovi dall’esercizio del ministero pastorale, né è tenuto ad obbedire al Romano Pontefice nelle cose che spettano alla istituzione dei Vescovati e dei Vescovi.


Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.


condannato da: Acerbissimum, 27 settembre 1852.


LII. Il Governo può di suo diritto mutare l’età prescritta dalla Chiesa in ordine alla professione religiosa tanto delle donne quanto degli uomini, ed ingiungere alle famiglie religiose di non ammettere alcuno ai voti solenni senza suo permesso.


condannato da: Nunquam fore, 15 dicembre 1856.


LIII. Sono da abrogarsi le leggi che appartengono alla difesa dello stato delle famiglie religiose, e dei loro diritti e doveri; anzi il Governo civile può dare aiuto a tutti quelli i quali vogliono disertare la maniera di vita religiosa intrapresa, e rompere i voti solenni; e parimenti, può spegnere del tutto le stesse famiglie religiose, come anche le Chiese collegiate ed i benefici semplici ancorché di giuspatronato e sottomettere ed appropriare i loro beni e le rendite all’amministrazione ed all’arbitrio della civile potestà.


condannato da: Acerbissimum, 27 settembre 1852.


condannato da: Probe memineritis, 22 gennaio 1855.


condannato da: Cum saepe, 27 luglio 1855.


LIV. I Re e i Principi non solamente sono esenti dalla giurisdizione della Chiesa, ma anzi nello sciogliere le questioni di giurisdizione sono superiori alla Chiesa.


Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.


LV. È da separarsi la Chiesa dallo Stato, e lo Stato dalla Chiesa.


condannato da: Acerbissimum, 27 settembre 1852.


VII - Errori circa la morale naturale e cristiana


LVI. Le leggi dei costumi non abbisognano della sanzione divina, né è necessario che le leggi umane siano conformi al diritto di natura, o ricevano da Dio la forza di obbligare.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


LVII. La scienza delle cose filosofiche e dei costumi, ed anche le leggi civili possono e debbono prescindere dall’autorità divina ed ecclesiastica.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


LVIII. Non sono da riconoscere altre forze se non quelle che sono poste nella materia, ed ogni disciplina ed onestà di costumi si deve riporre nell’accumulare ed accrescere in qualsivoglia maniera la ricchezza e nel soddisfare le passioni.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


Epistola encicl. Quanto conficiamur, 10 agosto 1863.


LIX. Il diritto consiste nel fatto materiale; tutti i doveri degli uomini sono un nome vano, e tutti i fatti umani hanno forza di diritto.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


LX. L’autorità non è altro che la somma del numero e delle forze materiali.


condannato da: Maxima quidem, 9 giugno 1862.


LXI. La fortunata ingiustizia del fatto non apporta alcun detrimento alla santità del diritto.


condannato da: Iamdudum cernimus, 18 marzo 1861.


LXII. È da proclamarsi e da osservarsi il principio del cosidetto non-intervento.


condannato da: Novos et ante, 28 settembre 1860.


LXIII. Il negare obbedienza, anzi il ribellarsi ai Principi legittimi, è cosa logica.


Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.


condannato da: Quisque vestrum, 4 ottobre 1847.


Epist. Encicl. Nostis et Nobiscum, 8 dicembre 1849.


Lett. Apost. Cum catholica, 26 marzo 1860.


LXIV. La violazione di qualunque santissimo giuramento e qualsivoglia azione scellerata e malvagia ripugnante alla legge eterna, non solo non sono da riprovare, ma anzi da tenersi del tutto lecite e da lodarsi sommamente, quando si commettano per amore della patria.


condannato da: Quibus quantisque, 20 aprile 1849.


VIII - Errori circa il matrimonio cristiano


LXV. Non si può in alcun modo tollerare che Cristo abbia elevato il matrimonio alla dignità di Sacramento.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


LXVI. Il Sacramento del matrimonio non è che una cosa accessoria al contratto, e da questo separabile, e lo stesso Sacramento è riposto nella sola benedizione nuziale.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


LXVII. Il vincolo del matrimonio non è indissolubile per diritto di natura, ed in vari casi può sancirsi per la civile autorità il divorzio propriamente detto.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


condannato da: Acerbissimum, 27 settembre 1852.


LXVIII. La Chiesa non ha la potestà d’introdurre impedimenti dirimenti il matrimonio, ma tale potestà compete alla autorità civile, dalla quale debbono togliersi gl’impedimenti esistenti.


Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.


LXIX. La Chiesa incominciò ad introdurre gl’impedimenti dirimenti, nei secoli passati non per diritto proprio, ma usando di quello che ricevette dalla civile potestà.


Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.


LXX. I canoni tridentini, nei quali s’infligge scomunica a coloro che osano negare alla Chiesa la facoltà di stabilire gl’impedimenti dirimenti, o non sono dommatici, ovvero si debbono intendere dell’anzidetta potestà ricevuta.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


LXXI. La forma del Concilio Tridentino non obbliga sotto pena di nullità in quei luoghi, ove la legge civile prescriva un’altra forma, e ordina che il matrimonio celebrato con questa nuova forma sia valido.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


LXXII. Bonifazio VIII per primo asserì che il voto di castità emesso nella ordinazione fa nullo il matrimonio.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


LXXIII. In virtù del contratto meramente civile può aver luogo tra cristiani il vero matrimonio; ed è falso che, o il contratto di matrimonio tra cristiani è sempre sacramento, ovvero che il contratto è nullo se si esclude il sacramento.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


Lett. di S. S. Pio IX al Re di Sardegna, 9 settembre 1852.


condannato da: Acerbissimum, 27 settembre 1852.


condannato da: Multis gravibusque, 17 dicembre 1860.


LXXIV. Le cause matrimoniali e gli sponsali di loro natura appartengono al foro civile.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


condannato da: Acerbissimum, 27 settembre 1852.


N. B. – Si possono qui ridurre due altri errori, dell’abolizione del celibato de; chierici, e della preferenza dello stato di matrimonio allo stato di verginità. Sono condannati, il primo nell’Epist. Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846, il secondo nella Lettera Apost.Multiplices inter, 10 giugno 1851.


IX - Errori intorno al civile principato del Romano Pontefice


LXXV. Intorno alla compatibilità del regno temporale col regno spirituale disputano tra loro i figli della Chiesa cristiana e cattolica.


Lett. Apost. Ad apostolicae, 22 agosto 1851.


LXXVI. L’abolizione del civile impero posseduto dalla Sede apostolica gioverebbe moltissimo alla libertà ed alla prosperità della Chiesa.


condannato da: Quibus quantisque, 20 aprile 1849.


N. B. – Oltre a questi errori censurati esplicitamente, molti altri implicitamente vengono riprovati in virtù della dottrina già proposta e decisa intorno al principato civile del Romano Pontefice: la quale dottrina tutti i cattolici sono obbligati a rispettare fermissimamente. Essa apertamente s’insegna nell’condannato da: Quibus quantisque, 20 aprile 1849; nell’condannato da: Si semper antea, 20 maggio 1850; nella Lett. Apost.Cum catholica Ecclesia, 26 marzo 1860; nell’condannato da: Novos, 28 settembre 1860; nell’condannato da: Iamdudum, 18 marzo 1861, e nell’condannato da:Maxima quidem, 9 giugno 1862.


X - Errori che si riferiscono all’odierno liberalismo


LXXVII. In questa nostra età non conviene più che la religione cattolica si ritenga come l’unica religione dello Stato, esclusi tutti gli altri culti, quali che si vogliano.


condannato da: Nemo vestrum, 26 luglio 1855.


LXXVIII. Però lodevolmente in alcuni paesi cattolici si è stabilito per legge che a coloro i quali vi si recano, sia lecito avere pubblico esercizio del culto proprio di ciascuno.


condannato da: Acerbissimum, 27 settembre 1852.


LXXIX. È assolutamente falso che la libertà civile di qualsivoglia culto, e similmente l’ampia facoltà a tutti concessa di manifestare qualunque opinione e qualsiasi pensiero palesemente ed in pubblico, conduca a corrompere più facilmente i costumi e gli animi dei popoli, e a diffondere la peste dell’indifferentismo.


condannato da: Numquam fore, 15 dicembre 1856.


LXXX. Il Romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a composizione col progresso, col liberalismo e con la moderna civiltà.


condannato da: Iamdudum cernimus, 18 marzo 1861.


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Martiri della guerra civile spagnola

I martiri della guerra civile spagnola sono i sacerdoti, religiosi e i laici cattolici spagnoli che furono uccisi durante la guerra civile spagnola (1936-1939) e nei quali la Chiesa ha ritenuto di individuare gli elementi caratteristici del martirio cristiano. Alcuni sono stati canonizzati (11), molti beatificati, la maggior parte nel 2001 (233), nel 2007 (498) e nel 2013 (522).


Al 6 novembre 2021 si contavano 2040 beati e 11 santi.


Il 14 aprile 1931 iniziò la seconda repubblica spagnola, con la proclamazione della Repubblica e l'esilio del re Alfonso XIII. In tale circostanza la Chiesa cattolica, con papa Pio XI, aveva invitato i cattolici alla collaborazione con il nuovo governo, nell'interesse della Spagna.


Tuttavia, appena un mese dopo la proclamazione della Repubblica, iniziò una forte ondata di anticlericalismo, con i primi atti di violenza nei confronti di religiosi e laici, anche a causa del malcontento verso l'appoggio che la Chiesa spagnola avrebbe dato ai ceti dominanti, in particolar modo ai latifondisti e, in seguito, al generale Franco. La violenza colpì però indiscriminatamente anche molte persone estranee alle vicende politiche.


Il maggior numero di episodi di violenza si registrarono dopo il 1936, dopo la vittoria del Fronte Popolare spagnolo, formato da socialisti, comunisti e antifascisti sul modello del Fronte Popolare francese. Le violenze si intensificarono tra il 18 luglio 1936 e il 1º aprile 1939, dando origine a una vera e propria persecuzione religiosa, che portò alla distruzione del 70% delle chiese spagnole e all'uccisione di quasi diecimila persone, tra le quali 12 vescovi, 4.184 sacerdoti e seminaristi, 2.365 religiosi, 283 religiose e diverse migliaia di laici di entrambi i sessi, il cui numero è tuttavia impossibile precisare[1].


I 12 vescovi uccisi furono:


Florentino Asensio Barroso, amministratore apostolico di Barbastro (1877-1936);

Manuel Basulto y Jiménez, vescovo di Jaén (1869-1936);

Manuel Borras y Ferré, vescovo ausiliare di Tarragona (1880-1936);

Narciso de Esténaga y Echevarría, priore nullis di Ciudad Real (1882-1936);

Salvio Huix Miralpeix, vescovo di Lérida (1877-1936);

Manuel Irurita y Almándoz, vescovo di Barcellona (1876-1936);

Cruz Laplana y Laguna, vescovo di Cuenca (1875-1936);

Manuel Medina Olmos, vescovo di Guadix (1869-1936);

Eustaquio Nieto y Martín, vescovo di Sigüenza (1866-1936);

Anselmo Polanco Fontecha, vescovo di Teruel e amministratore apostolico di Albarracín (1881-1939);

Miguel de los Santos Serra y Sucarrats, vescovo di Segorbe (1868-1936) e

Diego Ventaja Milán, vescovo di Almería (1880-1936).

https://it.wikipedia.org/wiki/Martiri_della_guerra_civile_spagnola


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FOIBE

https://it.cathopedia.org/w/index.php?search=foibe&title=Speciale%3ARicerca&go=Vai


Azione Cattolica https://it.cathopedia.org/wiki/Azione_Cattolica

* beato [[Francesco Bonifacio]], sacerdote assistente assassinato e [[foibe|infoibato]] nel 1946.

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Giuseppe Maria Palatucci https://it.cathopedia.org/wiki/Giuseppe_Maria_Palatucci

* Valentino Izzo, ''APCF (Antisemitismo, Palatucci, Campagna, Foibe)'', [[2009]]

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Giovanni Palatucci https://it.cathopedia.org/wiki/Giovanni_Palatucci

* Valentino Izzo, ''APCF (Antisemitismo, Palatucci, Campagna, Foibe), 2009

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Beato Francesco Bonifacio https://it.cathopedia.org/wiki/Beato_Francesco_Bonifacio

...ampa ZENIT del 12 febbraio 2006: "Cinquanta sacerdoti tra le vittime delle foibe":]<br> ...i stampa ZENIT dell'8 luglio 2008: "Don Francesco Bonifacio, vittima delle foibe, presto beato. Rapito dalla guardie di Tito, venne ucciso "in odio alla fed

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Il costo umano del comunismo https://it.cathopedia.org/wiki/Il_costo_umano_del_comunismo

...Grecia, di Spagna, d'Italia, dell'Indonesia, delle fosse di Katyn e delle foibe jugoslave, dei milioni di uccisi a Cuba e nelle <democrazie popolari>, dei

9 KB (1 367 parole) - 07:20, 10 mag 2020



Il libro nero del comunismo europeo

https://it.cathopedia.org/wiki/Il_libro_nero_del_comunismo_europeo

Composizione dell'opera

Il libro è composto nel modo seguente:

Il libro nero del comunismo europeo -crimini, terrore, repressione- fu pubblicato in I edizione nel marzo 2006 da Mondadori: il titolo originale in lingua francese è Du passé faisons table rase! che significa del passato facciam tabula rasa.

prefazione

parte prima L'europa dopo il muro

capitolo I Del passato facciam tabula rasa! con le sezioni La morte del sistema comunista, Il mutamento del clima intellettuale, La rivoluzione documentale, La fine di un tabù, Del passato -comunista- facciam tabula rasa!, Il negazionismo comunista, L'impossibile <bilancio globalmente negativo>, La strumentalizzazione politica del <Libro nero>, <Le Monde>, tra storia del comunismo e memoria comunista, Gli abiti non troppo nuovi della storiografia comunista, Lo scarto tra l'ideale e la realtà del comunismo, La gloriosa memoria del comunismo nell'Europa occidentale, L'Europa dell'Est, malata di comunismo, Morte del comunismo e rinascita della civiltà europea. Numero di note: 272.

capitolo II La cecità volontaria nel regime comunista. Numero di note: 1.

capitolo III Il bolscevismo, malattia sociale del XX secolo

capitolo IV La pratica dell'atrocità. Numero di note: 9.

parte seconda All'Est

capitolo I L'Estonia e il comunismo con le sezioni La diffusione del marxismo in Estonia in epoca zarista, I comunisti estoni nella rivoluzione mondiale, La fine dell'indipendenza dell'Estonia, Il terrore rosso e la politica di genocidio, I comunisti al servizio dell'occupante, La russificazione, L'economia coloniale, Il richiamo all'ordine della società civile, Il crollo del regime d'occupazione. Numero di note: 212.

capitolo II La Bulgaria sotto il giogo comunista. Crimini, resistenze e repressioni con le sezioni Il contesto storico, L'ascesa al potere di un piccolo partito, Il partito comunista impone il monopolio staliniano, Dopo Stalin, Todor Zivkov!. Numero di note: 9.

capitolo III Il sistema repressivo comunista in Romania con le sezioni Il contesto storico, Alleati o forza di occupazione?, La deviazione della giustizia, Gli organi di repressione, Le punizioni, I metodi di <rieducazione>: il fenomeno Pitesti, La resistenza armata, La collettivizzazione, L'asservimento delle Chiese, L'imbavagliamento della cultura, Il risorgere della protesta. Numero di note: 143.

capitolo IV I crimini politici nella RDT con le sezioni La fuga dalla Storia, Comunismo sovietico e comunismo <tedesco>, La <liquidazione> della società e il tradimento, Repressione e violenza, fenomeni della rivoluzione permanente, Il 1990: l'apertura della Storia. Numero di note: 104.

parte terza All'Ovest

capitolo I Le vittime greche del comunismo con le sezioni La tragedia delle comunità greche in URSS, Perchè mi uccidi, compagno?, La repressione dei greci esiliati nell'Europa dell'Est. Numero di note: 33.

capitolo II Togliatti e la difficile eredità del comunismo italiano con le sezioni L'irresistibile ascesa di un vero leninista-stalinista, Togliatti liquidatore di comunisti, italiani e non, La guerra e l'atteggiamento di Togliatti di fronte alla sorte dei prigionieri italiani in URSS, La fine della guerra e una <pulizia etnica> dimenticata: le foibe, L'epurazione antifascista e il dopoguerra. Numero di note: 79.

Le note riportano una bibliografia notevole di storici e studiosi importanti, tra i quali figurano: Francois Furet, Robert Conquest, Nicolas Werth, Annie Kriegel, Ernst Nolte, Alain de Benoist, Horst Moller, Jacque Rossi, Victor Zaslavsky, Hannah Arendt, Gheorghe Boldur-Latescu, Anne Appelbaum, Arrigo Petacco, Gianni Oliva.


Questioni considerate

Prima parte

Nella prima parte gli autori considerano la fine e il fallimento del comunismo marxista in Europa valutando tutte le statistiche riguardanti la situazione economica e quella della repressione che ha provocato un numero impressionante di vittime uccise. Viene data importanza alla memoria storica e alla bibliografia che ricorda le vittime del comunismo stigmatizzando il negazionismo di taluni ancòra ideologicamente abbacinati dalla tesi marxista, che nel libro viene smontata e ridicolizzata. Citando i casi delle nazioni nelle quali la fine delle dittature non è stata traumatica si legge: Sarebbe tuttavia disastroso che la non traumatica uscita di scena del comunismo si concludesse con la pura e semplice cancellazione della memoria della tragedia, con l'oblio delle sue innumerevoli vittime e con l'occultamento degli altrettanto numerosi carnefici che, giorno dopo giorno, per decenni, hanno assicurato la sopravvivenza di quei regimi totalitari. Ma amnesia organizzata e amnistia strisciante sono diventate per interi gruppi una strategia volta a garantire l'impunità e al tempo stesso a difendere le posizioni acquisite nel settore politico e in quello economico. Nei paesi della <restaurazione> o della <riconversione>, il potere, che non è stato decomunistizzato, sembra infatti volere fare 'del passato -comunista- tabula rasa'. Non solo gli archivi non vengono aperti -o vengono richiusi- ma i latori della memoria della tragedia rischiano di essere oggetto di manovre intimidatorie, mentre i carnefici si godono il loro "buen retiro" nella più completa impunità.[1] Dopo si legge: I marxisti dell'inizio del XX secolo -russi e tedeschi in particolare- avevano una visione deformata della legge, della socializzazione dell'individuo, della costruzione di una società sana. Tutti i tentativi mirati alla creazione di una teoria dell'individuo erano, in realtà, solo la traduzione pratica di un'immane demagogia politica. Inoltre, come si può pensare di poter raggiungere il completo sviluppo dell'individuo, se la sua educazione è fondata sul concetto di classe? Un simile uso della nozione di classe nega, squalificandoli, fattori di integrazione sociale che hanno una funzione diretta nel preservare l'umanità dell'uomo, quali la morale universale, la religione e la famiglia.[2] Lo storico Martin Malia è autore del capitolo La pratica dell'atrocità, che è il titolo di un suo libro pubblicato nel 1999. Malia riferendosi a il libro nero del comunismo afferma: Un simile approccio fattuale ricolloca il comunismo in quella che, nonostante tutto, è la sua prospettiva umana fondamentale, considerando che esso è stato veramente <una tragedia di dimensioni planetarie> (per riprendere le parole dell'ispiratore francese dell'opera), con un numero totale di vittime che i vari coautori indicano comprese tra gli ottantacinque e i cento milioni. In un caso come nell'altro, il record comunista costituisce la più colossale carneficina politica della storia.[3] Dopo si legge: Dal canto loro, le èlite occidentali intellettualmente compromesse con il comunismo sono passate dal negazionismo militante al relativismo scettico e oggi ostentano un'amnesia di bassa lega che tende a fare tabula rasa del passato. Si capisce, quindi, che non abbiano alcun desiderio di vedere emergere la verità su questi regimi che hanno esse stesse contribuito a presentare per molto tempo come l'avvenire radioso dell'Umanità.[4]


Seconda parte

La seconda parte considera l'occupazione sovietica di Estonia, Bulgaria, Romania e RDT. Gli autori descrivono i metodi sovietici di repressione attuati con la complicità dei comunisti di tali nazioni e i movimenti di resistenza anticomunista.


Nel capitolo III nella sezione L'asservimento delle Chiese riguardo la repressione delle varie Chiese in Romania si descrive come tutti i culti religiosi furono di fatto resi illegali e considerati sovversivi contro lo Stato comunista. Gli storici riportano il parziale contenuto delle leggi comuniste rumene contro preti e fedeli dei vari credi confessionali. Infatti per secoli la Romania cristiana fu oggetto delle mire espansionistiche dell'impero ottomano e decine di guerre la opposero alla potenza musulmana con il pieno appoggio delle Chiese cristiane. Nel corso dei secoli la Chiesa ortodossa rumena e la Chiesa greco-cattolica rumena, definita “uniate” e radicata in Transilvania, ebbero un ruolo essenziale nell'identità e coesione nazionali. Dopo il 1945 le Chiese erano l'ultimo grande ostacolo per il potere comunista ma i rumeni non applicarono il metodo sovietico di repressione. I comunisti rumeni imposero una legge che stipendiava i preti sottomessi: il patriarca Nicodemo morì in modo sospetto il 28 febbraio 1948 sostituito dal patriarca Giustiniano. La legge sui culti religiosi del 4 agosto 1948 istituì il controllo totale del governo dittatoriale sulle Chiese; in tale legge l'articolo 13 stabiliva che il riconoscimento legale di un culto poteva essere revocato in qualsiasi momento e l'articolo 32 stabiliva che i sacerdoti esprimenti punti di vista antidemocratici potevano essere privati dello stipendio statale. Molte scuole private e pubbliche cristiane, associazioni, chiese, monasteri furono chiusi e si proibirono le celebrazioni pubbliche religiose, comprese quelle più partecipate di Natale e Pasqua. Inoltre la legge mise l'elezione dei vescovi ortodossi sotto il totale controllo dello Stato comunista e impose alla Chiesa ortodossa un nuovo statuto per poterla controllare: allora si contavano 10,5 milioni di fedeli ortodossi su 15,9 milioni di abitanti. La Chiesa Cattolica Romana e greco-cattolica uniate con i loro vescovi diedero prova di grande dignità, coraggio e fedeltà al loro credo: il 17 luglio 1948 fu denunciato il concordato con il Vaticano mettendo nei fatti fuori legge il culto cattolico e nell'autunno 1948 la Chiesa uniate fu dichiarata illegale quando contava un milione e mezzo di fedeli con 1725 chiese per celebrare messa. Inoltre contro rabbini e fedeli ebrei furono vietati i loro riti religiosi e le sinagoghe vennero quasi tutte chiuse. [5]


Terza parte

La terza parte è dedicata ai crimini commessi da comunisti greci e italiani con focalizzazione su Palmiro Togliatti. Nella sezione La fine della guerra e una <pulizia etnica> dimenticata: le foibe, dopo aver descritto l'italianizzazione forzata delle zone popolate da sloveni e croati, l'autore Philippe Baillet afferma: Ma nulla di tutto ciò può giustificare gli abominevoli massacri perpetrati dai partigiani titoisti, deliberatamente commessi per terrorizzare la popolazione italiana, provocarne l'esodo e condurre così a buon fine quella che merita di essere definita un'<epurazione etnica>. Dopo si legge: Tutte le testimonianze relative a questi massacri -che, interrotti nel settembre-ottobre 1943 a causa dell'occupazione della regione da parte delle truppe tedesche, ripresero a pieno ritmo e su più vasta scala, dal 1º maggio al 15 giugno 1945 - concordano sull'indicibile barbarie degli atti che furono commessi, i quali ricordano più le <imprese> dei serial killer che non le atrocità inevitabili in qualsiasi conflitto ideologico. Le vittime, essenzialmente membri dell'élite sociale e della classe media, venivano arrestate di notte. Si legavano loro le mani con il fil di ferro, quindi le si conduceva sull'orlo delle voragini, non senza averle sottoposte alle più ignobili sevizie. Prima di essere gettate nel baratro, le donne erano sistematicamente violentate, mentre gli uomini venivano talvolta svuotati delle viscere ed evirati. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, le vittime, legate le une alle altre, erano uccise in questo modo: si spingeva la prima nel baratro che cadeva trascinandosi dietro le altre.[6]


Stime di vittime

Italia

Gli storici descrivono l'eccidio di Porzus dei ventidue combattenti della brigata Osoppo e riportano i dati del libro Foibe. Le stragi negate della Venezia Giulia e dell'Istria dello storico Gianni Oliva che calcola 10.137 vittime trucidate nei massacri delle foibe.[7]


Germania est

Nel capitolo III si legge: Tra i crimini comunisti che assunsero la forza di una distruzione di massa bisogna contare i dieci campi d'internamento che la NKVD aprì nel 1945, tre dei quali continuarono a esistere fino al 1950. Per due di essi vennero utilizzati degli ex campi di concentramento nazisti. La loro esistenza fu sistematicamente occultata in RDT fino al 1989 e solo nel 1990 incominciarono a emergere le prime informazioni su di essi: <Alcuni documenti di archivio sovietici provano che, nei campi in questione-che furono attivi dal 1945 al 1959 - furono rinchiusi 122.671 tedeschi, 45.262 dei quali vennero subito rilasciati. 14.202 detenuti vennero consegnati al ministero dell'Interno della RDT. 12.770 persone furono trasferite in U.R.S.S. e 6.680 condotte nei campi destinati ai prigionieri di guerra. Duecentododici detenuti riuscirono a fuggire. Durante tutto questo periodo, secondo i dati disponibili, 42.889 persone morirono di malattia, soprattutto tra il 1945 e 1947. Un tribunale militare condannò a morte 736 detenuti. Non è stata trovata negli archivi alcuna indicazione riguardante i luoghi d'inumazione>. Nel 1993 si è parlato di un massimo di 234.300 detenuti e di 105.500 morti, cifre che non tengono tuttavia conto di quanti morirono, non appena liberati, per i postumi della detenzione né di coloro che, deportati in U.R.S.S., non fecero mai più ritorno.[8]







S. S. Pio XI e S. E. Marconi inaugurano la nuova stazione a onde ultra corte che collega la Città

https://www.youtube.com/watch?v=QIW61g829ZA



pio IX

https://www.youtube.com/watch?v=NWYePdQqke4


pio IX 

https://www.youtube.com/watch?v=hjQmoEGr9_I


" Pio IX, Porta Pia e il Sillabo" di Walter Brandmuller

https://www.youtube.com/watch?v=kkO15UxyOuY


IL "SILLABO" DI PIO IX

accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/chiesa-cattolica/4615-sillabo-di-pio-ix

Sillabo di Pio IX.pdf

accademianuovaitalia.it/media/com_form2content/documents/c3/a4613/f30/Sillabo%20di%20Pio%20IX.pdf


Incontro sul B. Pio IX, Firenze 20 settembre 2012. Intervengono i Professori Massimo de Leonardis, Massimo Viglione e Roberto de Mattei

https://www.youtube.com/watch?v=t3nx1m5829w


San Pio X: il film completo

https://www.youtube.com/watch?v=OMdUGAnYWHE

Uscito in occasione della sua beatificazione, questo bellissimo film del 1952 ricorda la vita di papa san Pio X, l'eroico pontefice che, fedele al proprio motto, "Instaurare omnia in Christo", ha combattuto con vigore tutti i nemici della Chiesa ed in particolare il cancro modernista, con l'enciclica "Pascendi". Il suo è un esempio smagliante per chiunque abbia veramente a cuore il bene della Chiesa.



IL BIENNIO ROSSO E L'AVVENTO DEL FASCISMO

https://www.youtube.com/watch?v=wUMsHXcuL0o



https://www.tweetingwithgod.com/it/content/244-cosera-il-concilio-vaticano-i


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La storia dei Cristeros messicani: ‘Viva Cristo Re!’

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2 Maggio 2016

 

Il 31 luglio 1926, in risposta alla cosiddetta “Ley Calles” (una legge che praticamente proibiva l’esistenza della Chiesa cattolica, decretata dal Presidente Plutarco Elías Calles) e all’espulsione di 185 sacerdoti stranieri che esercitavano il proprio ministero in Messico, l’episcopato messicano annunciava la sospensione del culto in tutte le chiese a partire dal 1° agosto.


Quel giorno le chiese si riempirono di credenti che cercavano di battezzare i propri figli, essere uniti in matrimonio o confessarsi e ricevere la Comunione. Fino al 29 giugno 1929 i templi rimasero chiusi in tutto il Paese. L’episcopato messicano affermò:


“Nell’impossibilità di continuare a esercitare il sacro ministero sacerdotale, in base alle condizioni imposte dal suddetto Decreto (la Legge Calles), dopo aver consultato il Nostro Santissimo Padre, Sua Santità Pio XI, e aver ottenuto la sua approvazione, ordiniamo che dal giorno trentuno luglio del presente anno fino a nuova disposizione si sospenda in tutti i templi della Repubblica il culto pubblico che richieda l’intervento del sacerdote”.


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Il 2 febbraio precedente, papa Pio XI aveva pubblicato l’enciclica Paterna Sane Solicitudo rivolta ai vescovi messicani, raccomandando di mantenere la calma e proibendo espressamente la formazione di un partito politico cattolico.L’inizio dei Cristeors – La rivolta dei cristeros inizia nel 1926 e si conclude, anche se non definitivamente, nel 1929. E cristeros deriva da Cristos Reyes, i “Cristi-Re”, come gli avversari definivano con intento spregiativo gli insorti cattolici che combattevano al grido di “Viva Cristo Re!”, riprendendo il tema della regalità di Cristo, all’epoca molto popolare e in sintonia con l’enciclica sull’istituzione della festa di Cristo Re “Quas primas”, pubblicata nel 1925 da Papa Pio XI (1922-1939). Nel Messico, nei secoli seguenti la scoperta e la conquista dell’America, era avvenuta una feconda fusione fra cattolicesimo e cultura indigena. La civiltà iberoamericana, una miscela di elementi senza eguali nel tempo e nello spazio, vi aveva dato frutti di grande originalità in tutti i campi, compresi quelli delle arti figurative e della musica. All’inizio del secolo XX questa cultura, con una religiosità luminosa, pubblica, sopravvive ancora, anche se allo stato residuale e subalterno, nei ceti popolari e rurali, mentre le classi alte e il ceto politico e intellettuale hanno ampiamente assorbito le idee illuministiche e liberali. Dagli inizi del secolo alla guida della repubblica presidenziale federale messicana, per lo più a seguito di colpi di Stato e di guerre civili, si era avvicendata una serie di generali o di despoti, espressione della fazione di volta in volta vincente all’interno dell’unico e intoccabile establishment massonico e laicista, prevalso nella seconda metà dell’Ottocento. Quando scoppia l’insurrezione cattolica è al potere un generale, Plutarco Elías Calles (1877-1945), che pratica una politica rigidamente “modernizzatrice” (il suo partito si autodefinisce “rivoluzionario istituzionale”), filostatunitense e con simpatie per il nascente socialismo latinoamericano. Questa politica porta il governo messicano a inasprire la lotta contro la Chiesa, vista non solo come centro sovranazionale di diffusione dell'”oppio del popolo” (secondo il cliché laicista) ma pure come bastione della conservazione e come ostacolo al latente totalitarismo statale. Il regime di Calles si differenzia dai precedenti per lo stile, il pugno di ferro, lo spirito da scontro epocale che egli ostenta, anche personalmente, nel realizzare la sua politica e che gli varrà, fra i cattolici, il nomignolo di “Nerone”.


Il conflitto fra Stato e Chiesa-. Nel 1917 il governo di Venustiano Carranza (1859-1920) vara una costituzione fortemente laicistica, che però non viene mai applicata. Nel 1926 il Governo Calles ordina ai governatori dei diversi Stati di emanare decreti volti a far applicare il dettato costituzionale in materia di disciplina dei culti. Essi prevedevano, di fatto, la radicale separazione fra Chiesa e Stato, la completa scristianizzazione dei luoghi pubblici (tribunali, scuole, e così via), l’esproprio totale degli edifici di culto e dei seminari, la proibizione dei voti e degli ordini religiosi, la trasformazione del clero in un corpo di funzionari statali e il “numero chiuso” per lo stesso clero, che doveva essere messicano di nascita, sancendo così l’espulsione dei missionari stranieri. Nel 1925 il Governo, mentre favorisce la diffusione delle missioni protestanti nordamericane, tenta anche – ma invano, a causa della reazione dei cattolici -, di dar vita a una Chiesa Nazionale separata da Roma. Le violenze poliziesche seguenti il tentativo di applicare la nuova disciplina antiecclesiastica, in vigore dal 31 luglio 1926, generano immediatamente la reazione del mondo cattolico, che dà vita a una Lega Nazionale di Difesa della Libertà Religiosa. L’episcopato messicano, in sintonia con la Segreteria di Stato vaticana, retta dal card. Pietro Gasparri (1852-1934), dopo diversi tentativi, falliti, di resistenza legale non violenta – scioperi, boicottaggi e petizioni popolari -, ritiene di reagire alla escalation del terrorismo governativo con un provvedimento inusitato e clamoroso: in segno di protesta sospende completamente l’esercizio del culto pubblico. L’atto, senz’altro legittimo, si rivela però imprudente perché non teneva conto della determinazione degli ambienti governativi di andare fino in fondo nell’affermare il proprio controllo sulla Chiesa – anche se prove in questo senso non erano mancate negli anni precedenti – e, soprattutto, sottovalutava l’impatto che la sospensione del culto avrebbe avuto sul vissuto popolare quotidiano, specialmente dei più umili. Infatti, la cultura del popolo, profondamente nutrita di Bibbia e di leggende religiose, caratterizzata da una forte tensione escatologica, vivacizzata da un’intensa e diffusa pratica devozionale, interpretava consuetamente gli avvenimenti all’interno di categorie che si potrebbero definire “mistiche” e “apocalittiche”. Anche la persecuzione di Calles viene dunque letta come l’abbattersi di un flagello biblico, e con altrettanto spirito apocalittico nasce nel popolo la convinzione che occorra reagire, come i fratelli Maccabei, impugnando le armi per ripristinare la giustizia violata.


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L’insurrezione-. Fin dai giorni immediatamente seguenti la sospensione del culto, in più di uno Stato, iniziano ad accendersi focolai di sollevazione. La Santa Sede si oppone alla rivolta armata, l’episcopato non la promuove né l’appoggia. Il mondo cattolico ufficiale – la Lega Nazionale di Difesa della Libertà Religiosa – persiste nell’azione di resistenza legale, che viene repressa con ancora maggiore asprezza: i federali non fanno distinzioni troppo sottili fra cristeros e circoli di Azione Cattolica, il che provoca innumerevoli martiri, particolarmente fra il clero. Il più noto è il sacerdote gesuita Miguel Agustín Pro (1891-1927), beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 25 settembre 1988. Dall’agosto del 1926 i focolai di rivolta diventano un incendio che divampa in quasi tutti gli Stati della federazione. Comunità intere si sollevano in massa. Clan familiari e confraternite laicali si danno alla macchia sulle montagne, da dove attaccano le truppe federali e le formazioni irregolari filogovernative, i cosiddetti “agraristi”. Lo scontro è fin da subito violentissimo. Contro i ribelli, che gli avversari disprezzano come esseri subumani, numerosi ma male armati e privi d’inquadramento militare, il Governo mobilita le truppe migliori dell’esercito nazionale, inclusa l’aviazione. Ciononostante, i cristeros, forti dell’appoggio popolare e praticando la guerriglia, infliggono gravi perdite ai federali e aumentano, passando a controllare e ad amministrare aree sempre più vaste del territorio nazionale, in particolare nella parte centro-meridionale del paese, negli Stati di Durango, Morelia, Jalisco, Zacatecas, Michoacan, Veracruz, Colima e Oaxaca. Un salto di qualità si ha quando, nel 1927, la guida dell’esercito cristero (che conta circa ventimila uomini) viene presa dall’ex generale federale Enrique Gorostieta Velarde (1891-1929), che aderisce inizialmente alla rivolta più per spirito anticonformista che per convinzione religiosa, ma che maturerà in consapevolezza, prima di essere ucciso a tradimento, in combattimento, il 2 giugno del 1929. Fra il 1927 e il 1928 gli insorti sono in grado di affrontare l’esercito federale in vere e proprie battaglie campali, con impiego dell’artiglieria e della cavalleria. Gli aiuti ai combattenti provengono dalla rete creata dalle famiglie, dalle confraternite e dalle organizzazioni di soccorso. In questa sanguinosa guerra clandestina si distinguono le brigate paramilitari femminili, intitolate a santa Giovanna d’Arco (1412-1431). Il clero (i vescovi, tranne due o tre, sono fuggiti all’estero e i sacerdoti vivono nella clandestinità) è pressoché assente fra i combattenti, che devono supplire alla mancanza dei sacramenti con la preghiera, soprattutto con la recita del rosario e dei salmi e con la devozione ai santi patroni. Alla fine del 1928 per i federali comincia a profilarsi il fantasma di una sconfitta sul campo: non riescono più a sostenere il peso della guerra civile su tanti fronti e, soprattutto, sembrano stanchi del terrore su vasta scala, che hanno scatenato contro il loro stesso popolo. Grandi battaglie hanno luogo agli inizi del 1929 (la maggiore è quella di Tepatitlán, nello Stato di Jalisco, il 19 aprile) e il movimento cristero, che conta circa cinquantamila combattenti, è molto vicino alla vittoria.


Gli “arreglos e la “segunda”-. Davanti alle crescenti difficoltà di domare l’insorgenza, il Governo fa balenare la possibilità di una tregua e i vertici cattolici, che non comprendono la guerra dei cristeros e sono sempre rimasti in spasmodica attesa di un segno di buona volontà da parte dell’avversario, raccolgono subito il segnale e accordi, del tutto informali, gli “Arreglos”, vengono frettolosamente sottoscritti il 22 giugno 1929, con l’attenta e determinante regìa della Segreteria di Stato vaticana, e il culto pubblico riprende. Per la Chiesa e per la popolazione questo costituisce un indubbio sollievo, ma per la sollevazione armata significa la fine. Venuto meno il generale consenso popolare, costretti a cedere le armi e a tornare ai propri villaggi, i cristeros si trovano immediatamente esposti alla vendetta, anche privata, dei federali, dal momento che gli “Arreglos” non contenevano nessuna garanzia a salvaguardia dei combattenti. Mentre la Chiesa non ricupera la sua libertà e, anzi, continua a essere perseguitata, la repressione nei confronti dei combattenti cristiani (soprattutto dei capi e dei quadri), per lo più contadini, continua ininterrottamente, almeno fino agli anni 1940. Così i cristeros, dopo una ripresa disperata della rivolta fra il 1934 e il 1938 – la cosiddetta “Segunda” -, quasi scompaiono, talora fisicamente, dalla storia del paese: restano ancora oggi, indomiti, alcuni piccoli nuclei di reduci che pubblicano un periodico, David. Nonostante l’oggettivo appeasement, fra Stato e Chiesa permangono strascichi latenti di quella guerra mai vinta e mai persa, fra i quali può forse venire inquadrata la “misteriosa” uccisione, il 24 maggio del 1993, del card. Juan Jésus Posadas Ocampo (1926-1993), arcivescovo di Guadalajara.


La guerra dei cristeros, gloriosa e sfortunata, costata dalle settanta alle ottantacinquemila vite umane, sembra essere considerata tanto dalla Chiesa quanto dallo Stato messicani un malaugurato incidente di percorso nel processo di “ralliement” fra Chiesa e mondo moderno, sì che ricerche storiche, come quella fondamentale dello storico e sociologo francese Jean Meyer, negli anni 1960, hanno incontrato non pochi ostacoli. In realtà, si tratta di una pagina di storia complessa e ancora non del tutto chiarita (a proposito della quale le animosità, soprattutto laicistiche, non si sono ancora placate), ma altamente significativa. Sul piano storico, siamo di fronte a un episodio dello scontro plurisecolare, nella sua versione armata e popolare, fra la Modernità, con i suoi processi di secolarizzazione delle culture e delle istituzioni politiche a fondamento religioso, e tali culture, pur residualmente di stampo sacrale tradizionale. Sul piano politico, la “lezione messicana” contribuisce all’elaborazione di una nuova strategia della Rivoluzione nei confronti dei cattolici, quella della “mano tesa”.

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Cristeros e la Cristiada

I Cristeros e la Cristiada 



I Martiri Cristeros


La storia del mondo è la lotta tra due tipi di amore. L'amore di sé portato sino alla distruzione del mondo; e l'amore per il prossimo, portato sino alla rinuncia di sé.

 S. Agostino 


Alcuni storici non hanno esitato a definire il XX secolo come il più sanguinario della storia, altri come il secolo dei massacri, esiste anche un noto vaticino della beata Caterina Emmerick, morta nel 1827, secondo la quale sessant'anni prima del 2000 satana si sarebbe scatenato sulla terra. Senz'altro più di ogni altra cosa il novecento è il grande secolo dei martiri. Solo nell'arco di questi ultimi 100 anni, si è giunti a superare la quantità di martiri di 1000 anni di civiltà. Lo storico francese Jean Madiran propone una stima intorno ai 10 milioni di cristiani vittime del secolo in aperta rivolta contro Dio; purtroppo la gran parte di esse sono destinate a rimanere sconosciute nella memoria degli uomini. "Si ha l'impressione che il mondo abbia scelto a suo condottiero Satana il cui intento è quello di affogare tutti gli uomini in un mare di sangue." by Maria Valtorta . 

Regina Mundi oggi vuole proporre una di queste grandi storie accaduta circa 80 anni fa nel Messico; essa tuttavia non appartiene affatto al passato di un paese lontano dal nostro, ma è una manifestazione del solito copione seguito da satana nei suoi tentativi di creare disordine nei nostri cuori, per privarci della speranza, per distoglierci dall'amore di Dio.


 Oggi come mai prima d'ora occorre pregare per la pace: la pace nei cuori, la pace nelle famiglie e la pace nel mondo intero; perché satana vuole la guerra, vuole la mancanza della pace e desidera distruggere tutto ciò che è buono. In Messico satana venne allo scoperto e l'intero popolo di Dio si ribellò e fu il martirio fino al trionfo dell'Amore di Dio. Oggi vi raccontiamo la storia dei Cristeros.




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Rassegna stampa: I martiri nascosti dell'America Latina

di Alessandro Armato


E' il continente dove hanno perso la vita la maggior parte dei religiosi

La regione del mondo più pericolosa per gli operatori pastorali? Nonostante le notizie drammatiche di queste settimane non è il Medio Oriente o l'Asia, ma la cattolicissima America Latina. A confermarlo è il bilancio del 2010 diffuso qualche giorno fa dall'Agenzia Fides, della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli: ben 13 dei 23 esponenti del clero e laici assassinati nel 2010 esercitavano il loro ministero in questa parte del globo. 

Per gli addetti ai lavori non si tratta di una sorpresa: l'America Latina, coi suoi enormi problemi di criminalità, è sempre stata una zona altamente rischiosa per sacerdoti e laici, soprattutto per coloro che vivono e operano nelle periferie delle grandi città o in zone particolarmente isolate. Un martirio che non fa più nemmeno notizia.

Nella maggior parte dei casi il movente degli omicidi è il furto. Il Paese con il maggior numero di vittime è il Brasile (5), seguito da Colombia (3), Messico (2), Perù (2), Venezuela, Haiti, Ecuador (1). Tra queste ci sono 10 sacerdoti, 1 religioso, 1 seminarista e 3 laici. Ecco alcune delle loro storie.

In Brasile padre Dejair Gonçalves de Almeida e il laico Epaminondas Marques da Silva sono stati aggrediti e uccisi in canonica, nel quartiere di Agua Limpa, a Volta Redonda, da banditi in cerca di denaro; Padre Rubens Almeida Gonçalves è stato assassinato nella sua parrocchia di Nossa Senhora da Conceição, nella città di Campos Belos (GO), probabilmente in seguito a un diverbio con un uomo a cui avrebbe negato l'affitto della sala parrocchiale; il seminarista Mario Dayvit Pinheiro Reis, dell'arcidiocesi di Sao Luis, è stato ucciso da rapinatori che volevano impossessarsi della sua automobile; mentre don Bernardo Muniz Rabelo Amaral, che operava nella città di Humberto de Campos, è stato assassinato da un uomo a cui aveva dato un passaggio.

In Colombia don Román de Jesús Zapata è stato ucciso durante la notte nella canonica della sua parrocchia, nella città di Turbo; don Herminio Calero Alumia è stato assassinato durante una discussione ad un posto di blocco della polizia nei pressi di Bogotá; Luis Enrique Pineda, coadiutore salesiano, è stato derubato e poi accoltellato nella capitale.

In Messico don José Luis Parra Puerto è stato assassinato dopo essere stato derubato del furgoncino su cui viaggiava; don Carlos Salvador Wotto è stato ritrovato morto nella sua parrocchia, Nuestra Señora de las Nieves (Oaxaca), imbavagliato e legato, con bruciature di sigaretta sulle braccia e segni di tagli in diverse parti del corpo.

In Perù il frate francescano Linán Ruiz Morales e il suo collaboratore, Ananias Aguila, sono stati usccisi a Lima da malviventi entrati nel convento per rubare: il corpo del primo è stato rinvenuto nella sua camera da letto, il secondo nella cucina della mensa per i poveri, accanto alla Chiesa.

In Venezuela, nella città di Puerto Ordaz, ha trovato la morte padre Esteban Robert Wood, probabilmente in seguito a una una rapina da parte di sconosciuti.


In Ecuador il missionario polacco Miroslaw Karczewski è stato trovato morto nella canonica della sua parrocchia, a Santo Domingo, con ferite sul collo e in altre parti del corpo. È stato ucciso con un grande crocifisso da malviventi che poi hanno rubato cellulare e computer.

Ad Haiti l'operatore della Caritas Julien Kénord è stato ucciso a Port-au-Prince in seguito a un tentativo di rapina. 


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Cristeros: Prologo

Dall'indipendenza al 1924 



Dall'indipendenza al 1924


Fin dal 1821, epoca in cui fu dichiarata l'indipendenza del Messico, la giovane nazione ebbe una storia abbastanza tribolata: guerre civili, dittature, continue rivoluzioni, colpi di stato (ben 72); soltanto il breve impero di Massimiliano d'Asburgo (1863-67) costituì una pausa nelle continue persecuzioni perpetrate ai danni dei cattolici. Un antico proverbio messicano recita: "Povero Messico! Così lontano da Dio e così vicino agli Stati Uniti.". 


 Fin dalla dichiarazione di indipendenza messicana, il governo di Washington è stato da sempre preoccupato della presenza di un potenziale rivale, la cui estensione territoriale non era di molto inferiore alla loro, così come la popolazione dell'epoca (6 milioni e mezzo i messicani contro 9 milioni e mezzo di americani). Il Messico, grazie alla fede cattolica molto viva fra tutti gli strati della popolazione, era divenuto una vera e propria nazione. D'altro canto è facilmente comprensibile come potesse essere grande la bramosia delle potenti lobbies americane verso i territori messicani ricchi di risorse naturali (oro, platino, mercurio, rame, ferro, carbone e argento, poi petrolio...).


 Dopo un incidente diplomatico con il Messico, creato ad arte, scoppiò nel 1830 la guerra fra i due paesi, che il Messico perse. Gli Stati Uniti annetterono la California del nord, il Texas, il New Mexico(1848), il Nevada, l'Utah, parte dal Colorado (nel 1855 altri territori furono venduti agli USA), ma cosa più importante, riuscirono a stabilire una forte egemonia sul paese centro-americano, determinando l'elezione di presidenti a loro favorevoli. 

  


Papa Leone XII

Papa Leone XII La prima consegna data alla nuova classe politica fu quella di "defanaticizzare" il paese. Gli USA vi impiantarono i propri commerci e diedero vita ad un'aggressiva attività missionaria protestante, nell'intento di limitare l'influenza cattolica nel paese.

  

 Non mancarono gli esempi di intolleranza religiosa: nel 1867 il presidente Juarez trasformò la bellissima cattedrale di San Francesco in una chiesa protestante. Nel 1884 l'Enciclica Humanum Genus di Leone XIII fu vietata anche nei seminari. 


 L'ingerenza della politica USA nel Messico si spinse ben oltre; dopo l'assassinio del presidente messicano Francisco Madero e del vicepresidente José María Pino Suárez, il 22 febbraio 1913, divenne chiaro che l'ambasciatore USA Henry Lane Wilson fu complice di questo complotto. Non appena il nuovo presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson e il segretario di Stato William Jennings Bryan assunsero la carica il 15 marzo 1913, inviarono John Lind in Messico come inviato personale di Wilson per gli affari messicani. 

 Nel 1914 il presidente messicano Carranza, fortemente voluto dagli Stati Uniti, inaugurò un periodo di aperta persecuzione: soltanto nel febbraio del 1915 ben 160 sacerdoti furono uccisi, molti vescovi espulsi, le suore scacciate dai conventi. John Lind gioì pubblicamente all'apprendere di questo sterminio dichiarando: "Grandi novità! Più sacerdoti si uccidono in Messico, tanto più contento io sono!". 


 Un pastore protestante americano, scandalizzato dalle violenze sessuali cui le suore di Vera Cruz erano sottoposte, ricevette da un rappresentate diretto del presidente Willson questa risposta:  "Dopo la prostituzione, la peggiore cosa del Messico è la Chiesa cattolica. Entrambi devono sparire!" .2


 Carranza varò la nuova costituzione, liberale e laicista, che prevedeva innanzitutto la separazione della Chiesa dallo Stato e la scristianizzazione dei luoghi pubblici, cosa che non suona affatto come nuova.



Il presidente Messicano Venustiano Carranza

 Il presidente messicano Venustiano Carranza  L'art. 3 proibiva alle chiese di gestire istituti di istruzione e ai sacerdoti di insegnare nelle scuole statali materne ed elementari.


 L'art. 5 proibiva di far emettere o indurre a voti religiosi.


 L'art. 24 vietava di celebrare cerimonie religiose fuori dei luoghi di culto e di indossare l'abito talare in pubblico.


 L'art. 130 prevedeva la trasformazione del clero in un corpo di funzionari statali ed il veto per i religiosi di ricevere lasciti o eredità, se non congiunti al testatore da parentele di almeno quarto grado.



I matrimoni religiosi persero l'efficacia civile (ai giorni d'oggi nel Messico è stato riconosciuto il matrimonio omosessuale).

 


 II singoli stati della federazione fissarono un tetto al numero dei sacerdoti presenti, che dovevano comunque essere messicani di nascita. Nello stato di Michoacan fu assegnato un sacerdote ogni 33.000 fedeli, in quello del Chiapas uno ogni 60.000, mentre in quello di Vera Cruz uno ogni 100.000 abitanti (cosa che velatamente accade oggi in alcune zone del nord della Francia). Il comma nove dell'articolo 130 prevedeva inoltre la perdita dell'elettorato attivo e passivo da parte degli ecclesiastici, e vietava altresì la pubblicazione di fogli a contenuto religioso.


 L'atteggiamento massonico del governo messicano era perfettamente in linea con quello del "Grande Oriente"; si pensi che in Italia fino al 1917 era gran maestro Ettore Ferrari, "che considerò impegno prioritario impedire «la formazione in Italia di un partito cattolico politico». Egli previde la nascita di questa formazione, ma ritenne suo preciso dovere tentare di contenerla e se possibile respingerla. Ferrari sosteneva che lo Stato era fondato su basi che la Chiesa condannava e che erano: «la libertà di coscienza, l’assoluta separazione dell’autorità civile dall’ecclesiastica, la perfetta laicità della scuola, la sincera applicazione delle leggi sulle corporazioni religiose e la conversione di tutte le Opere pie a scopi civili». La massoneria poteva e doveva cooperare per il raggiungimento di questi scopi informando e rafforzando la coscienza italiana, creando cioè le basi del consenso. Tutti i massoni dovevano sentirsi impegnati, come ribadì in una lettera circolare (Ettore Ferrari) di enorme importanza: «I Fratelli...devono appoggiare e favorire qualunque iniziativa di qualsiasi partito, intesa a combattere un privilegio, ad affermare un principio di eguaglianza e di libertà; ma è loro vietato, anche nelle forme più indirette, qualsivoglia compromesso coi clericali.(...)"(Tratto dal sito internet del Grande Oriente d'Italia). In quello stesso anno, il 17 ottobre 1917, San Massimiliano Kolbe costituiva la Milizia dell'Immacolata.



la cattedrale di Morelia

La Cattedrale di Morelia NNel 1921 sulle torri della cattedrale di Morelia sventolavano le bandiere socialiste rosso-nere, mentre nelle chiese veniva pugnalata un'immagine della Vergine di Guadalupe.


 Risale al 14 novembre dello stesso anno il noto episodio della bomba piazzata all'interno della Basilica di Nostra Signora di Guadalupe, proprio ai piedi della tilma miracolosa recante l'immagine della Vergine. Nonostante la tremenda esplosione, però, la sacra immagine rimase appena annerita nella parte inferiore, per ricostituirsi in modo del tutto miracoloso in poco tempo, ritornando al precedente splendore (ad oggi rimane soltanto un pallido alone a memoria dell'episodio).


 Più volte la popolazione protestò pacificamente, aneliti che il governo puntualmente represse nel sangue. Nel 1920 con un colpo di stato fu deposto Carranza; al potere si succedettero i generali Adolfo De la Huerta e Alvaro Obregon. 


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Cristeros: Parte I

Plutarco Elias Calles 



L'offensiva del presidente Calles



Plutarco Elias Calles

Plutarco Elias CallesNel 1924 Plutarco Elias Calles divenne presidente del Messico. Il primo dichiarato impegno del neo eletto presidente fu quello di arginare l'influenza morale della Chiesa cattolica in Messico; egli stesso dichiarò: "la Chiesa è l'unica causa delle disgrazie del Messico". Plutarco Elias Calles occupava il 33º grado della massoneria: i crimini e le inaudite efferatezze che si consumarono sotto il suo regime gli valsero tra i messicani l'appellativo di "Nerone". 


 "Calles vota alla Chiesa un odio mortale e appassionato, egli si appresta a condurre il combattimento contro di essa in maniera mistica e apocalittica" (Jean Meyer)


 Nel 1924 Calles ordinò a tutti i governatori degli Stati federali di emettere decreti volti a far rispettare il dettato costituzionale del 1917 in materia religiosa, fino a quel momento non sempre applicato alla lettera e in tutti gli Stati. Tomas Garrido Canabal, governatore dello Stato messicano di Tabasco, nella sua fattoria "la Florida", giunse a chiamare - in segno di disprezzo - i suoi animali con i sacri nomi di Dio, Gesù e della beata Vergine Maria, un bue ed un maiale furono chiamati "Papa", uno suo nipote fu chiamato "Luzbel" (Luccifero) e un altro figlio "Satana"...



Cristeros: Parte I

La chiesa apostolica messicana 



La creazione di una chiesa "alternativa" e di comodo.



Chiesa apostolica messicana 

Jose Joaquin Péerez fondatore della chiesa apostolica messicana Nel 1925, con la complicità di un prete massonico, proclamato dal governo "patriarca della chiesa cattolica messicana", Calles fondò una nuova chiesa scismatica patriottica: "Chiesa Apostolica Messicana". Esattamente come i comunisti fecero più tardi in Cina. Il 13 maggio 1820 la beata Caterina Emmerich scriveva di una sua visione: "Vidi una strana chiesa che veniva costruita contro ogni regola... Non c’erano angeli a vigilare sulle operazioni di costruzione. In quella chiesa non c’era niente che venisse dall’alto... C’erano solo divisioni e caos. Si tratta probabilmente di una chiesa di umana creazione, che segue l’ultima moda.". Quanti tentativi si susseguono ancora oggi di costruire chiese "alternative"? Proprio negli anni '50 "venne sostenuta la tesi - che è penetrata anche nella teologia morale cattolica - che non esiste qualcosa di male in sé. Esisterebbe soltanto un male "relativo". Quello che è bene o male dipenderebbe dalle conseguenze. In un contesto simile, in cui tutto è relativo e il male di per sé non esiste - esiste bensì solo il bene relativo ed il male relativo - Le persone che hanno una tendenza a un atteggiamento simile hanno perso ogni fondamento. [...] Bene e male erano divenuti interscambiabili e non si trovavano più nettamente in opposizione l'uno all'altro."  La Beata Caterina Emerick  


"Ho visto di nuovo la strana grande chiesa che veniva costruita la' a Roma. Non c’era niente di santo in essa. Ho visto questo proprio come ho visto un movimento guidato da ecclesiastici a cui contribuivano angeli, santi ed altri cristiani. Ma là nella storia della chiesa tutto il lavoro veniva fatto meccanicamente. Tutto veniva fatto secondo la ragione umana... Ho visto ogni genere di persone, cose, dottrine ed opinioni. C’era qualcosa di orgoglioso, presuntuoso e violento in tutto ciò, ed essi sembravano avere molto successo. 

 Io non vedevo un solo angelo o un santo che aiutasse nel lavoro. Ma sullo sfondo, in lontananza, vidi la sede di un popolo crudele armato di lance, e vidi una figura che rideva, che disse: "Costruitela pure quanto più solida potete; tanto noi la butteremo a terra"" .4


 Nella nuova Chiesa messicana non mancò la necessaria riforma liturgica volta a privare di ogni significato l'essenza stessa del perpetuo sacrificio di Gesù sull'altare: il vino utilizzato durante la consacrazione venne rimpiazzato con il mescal, una bevanda alcolica ottenuta dalla distillazione del succo di agave. 


 Calles però non risolse il problema: a questa chiesa che pretendeva di sfidare Roma aderirono solo sei parrocchie e 13 sacerdoti ed ebbe termine definitivamente la domenica del 23 febbraio dello stesso anno, quando un gruppo di cattolici fedeli a Roma impedì al padre scismatico Manuel Monje di celebrare la messa nella chiesa dedicata al Corpus Christi. Lo stesso Perez riuscì a stento a nascondersi dalla folla inferocita. L'intervento dell'esercito soffocò la manifestazione nel sangue.



Cristeros: Parte I

Il controllo e la rieducazione dei giovani  


Jose Joaquin Péerez fondatore della chiesa apostolica messicana La mossa successiva fu quella di finanziare l'apertura di 200 scuole protestanti, mentre nel contempo si favoriva la formazione di nuove religioni quanto più distanti da quella cattolica (fenomeno già ben diffuso negli Stati Uniti), ma il popolo messicano rimase ostinatamente attaccato alla Chiesa di Roma!


 Nel 1926 un'ordinanza presidenziale puniva con un'ammenda e con la prigione chiunque facesse suonare le campane, distribuisse o conservasse immagini religiose o indossasse medagliette con figure sacre, in particolar modo la "Medaglia Miracolosa".


 Il 21 aprile 1926, esasperatasi la difficile situazione, i vescovi messicani scrissero una lettera pastorale con la quale accusavano il governo di voler "annichilire il cattolicesimo", aprire le porte ai protestanti e favorire la massoneria. Il presidente messicano accusò subito la conferenza episcopale di tradimento contro lo Stato.


 Era giunto il momento di lanciare una nuova offensiva, che speravano fosse quella definitiva: "Adesso ci deve essere una vera e propria rivoluzione psicologica", dichiarò Calles. "Dobbiamo penetrare e prendere possesso delle menti dei bambini e dei giovani, perché essi devono appartenere al nuovo ciclo rivoluzionario". I bambini sono gli adulti del domani, per questo Il Sistema si accinge oggi più che mai a plagiarli fin da piccoli, inserendo nei programmi loro dedicati simboli esoterici (spesso con inviti a ripetere i gesti del cartone, riproducendo vere e proprie invocazioni demoniache..per gioco), talvolta inneggianti all'occultismo satanista, altre a riferimenti al Mind Control, messaggi subliminali di matrice sessuale. Alcuni esempi di cartoni che invitano i bambini a riprodurre rituali esoterici di invocazione demoniaca li troviamo nel celebre "YuGiOh". In "Huntik", si evocano demoni chiamati "Titani" grazie a talismani (sia i tarocchi che i talismani sono usati in esoterismo anche al fine di invocare demoni in rituali di Magia Nera). Zeppi di temi e simboli esoterici sono le amatissime fatine "Winx" o le loro imitatrici "Wich": entrambi i cartoni insegnano, fra l'altro, la "teoria dei 4 elementi" (terra-aria-acqua-fuoco). "Spider Rider" è basato sulla teoria Teosofico-Nazista della "Terra Cava", con strani riferimenti a creature come "uomini serpente" e grosse "mantidi senzienti", spesso descritti dagli "addotti" ("addotto" è una persona che dice di essere stata rapita da extraterrestri). Anche i "Pokemon" sono, come minimo, diseducativi, visto che dodici animaletti vengono costretti a combattere per sport. Il copione del "nemico" è sempre quello! 



Cristeros: Parte I

La Legge Calles 



La "legge Calles".



San Massimiliano Kolbe

San Massimiliano Kolbe, Fondatore della Milizia dell'ImmacolataIl 14 giugno dello stesso anno, fu promulgata la famigerata "legge Calles", divenuta poi esecutiva a partire dal 31 luglio, con la quale la Chiesa Cattolica si vide privata di tutti i suoi diritti. Le scuole cattoliche furono chiuse, così come molti conventi, numerosi religiosi e sacerdoti furono incarcerati, le congregazioni sciolte, i sindacati cattolici proibiti, furono anche confiscate numerose chiese, per poi essere profanate (trasformate in stalle o in sale da ballo), né più né meno di ciò che successe in Russia durante la rivoluzione bolscevica: ancora una volta, il copione è sempre quello. Perfino farsi il segno della Croce, in forza dell'articolo 130 della costituzione, era divenuto un reato perseguibile con pene assai severe. Vennero istituite pesantissime pene per i genitori che cercavano di educare i propri figli alla Fede cattolica, divenne obbligatorio frequentare le scuole pubbliche, ove veniva ufficialmente insegnato l'ateismo, e le insegne religiose (medaglie, crocifissi, statue e immagini sacre) furono vietate anche a casa. In un suo articolo di quel periodo dal titolo "Poveretti!!!", padre Massimiliano Kolbe, scriveva:  "L'uomo è redento. Cristo ha fondato la sua Chiesa sulla roccia. Una parte del popolo ebreo riconobbe in lui il Messia, gli altri, soprattutto i superbi farisei, non vollero riconoscerlo; essi perseguitarono i suoi seguaci e diedero il via ad un gran numero di leggi che obbligavano gli ebrei a perseguitare i cristiani. Queste leggi, insieme a narrazioni e ad appendici, verso il 500 dopo Cristo formarono il loro libro sacro, il Talmud. In questo libro, i cristiani vengono chiamati: idolatri, peggiori dei turchi, omicidi, libertini, impuri, sterco, animali in forma umana, peggiori degli animali, figli del diavolo, ecc. I sacerdoti vengono chiamati indovini e teste pelate (...). La Chiesa (viene chiamata) casa di scempiaggine e di sporcizia (parole già ben messe in bocca a mass-media di questi tempi a quanto pare, n.d.a). Le immagini sacre, le medagliette, i rosari, sono chiamati idoli. Nel Talmud, le domeniche e le feste vengono denominate giorni di perdizione. In questo libro si insegna, inoltre, che ad un ebreo è permesso ingannare e derubare un cristiano, poiché tutti i beni dei cristiani - vi è scritto - 'sono come nel deserto: il primo che li prende, ne diviene il padrone'. Quest'opera, che raccoglie dodici volumi e che ispira odio contro Cristo e i Cristiani, viene considerata da questi farisei un libro sacro, più importante della Sacra Scrittura".


 Seguendo il programma stabilito dagli ordini massonici, Calles impose agli insegnanti delle scuole pubbliche di scegliere fra Cristo e il posto di lavoro: sui 400 maestri di Gadalajara ben 389 preferirono essere destituiti piuttosto che rinnegare la Fede! Nulla di più di quanto non stiano ancora oggi tentando di fare volendo rimuovere il crocifisso dalle scuole. Oppure provate ad andare oggi in un hotel non gestito da religiosi, provate a contare quanti simboli sacri vi trovate esposti... Dissero che in uno Stato laico, in considerazione dell'eguaglianza dei cittadini, si debba anche avere il diritto di bandire i simboli religiosi dai luoghi pubblici, compresa la Croce di Cristo. "La croce significa che Dio stesso è un sofferente, che per mezzo della sua sofferenza ci vuole bene, che ci ama. È un'affermazione che non aggredisce nessuno". Benedetto XVI, Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi libreria editrice vaticana 2010


 La stessa parola "Dio" fu rimossa dalla linguaggio comune! L'uso di espressioni molto comuni in Messico come "Adios", o "Dio non voglia", divennero oggetto di pesanti multe.


 Successivamente i sacerdoti furono "schedati"; in alcuni stati del Messico fu imposto loro di giurare di non fare proseliti, ad altri fu imposto di sposarsi se volevano continuare a esercitare il loro ministero. Era previsto il carcere per gli ecclesiastici che abusavano del pulpito per criticare le azioni del governo (articolo 10).


Brigatiste del corpo Giovanna d'Arco,



Cristeros: Parte II

La Liga Nacional Difensora 



La Liga Nacional Defensora de La Libertad Religiosa




La Liga Nacional Defensora de La Libertad Religiosa I messicani reagirono pacificamente alla persecuzione in atto. Il 9 marzo 1925 a Città del Messico Teofilo Pizano, membro dei Cavalieri di Colombo (associazione molto attiva nelle Americhe che aveva come obiettivo primario lo sviluppo ed il sostentamento di progetti destinati a rafforzare la fede cattolica nel mondo, il lavoro missionario del Papa, vescovi, sacerdoti e religiosi) fondò assieme ad altri fedeli la Liga Nacional de Defensa Religiosa. Quest'associazione si proponeva di raggiungere quattro punti essenziali: 


 1) piena libertà di educazione


 2) Riconoscimento dei diritti dei cattolici


 3) Riconoscimento dei diritti della Chiesa


 4) Parità di diritti per i lavoratori cattolici. 


La prima riunione ebbe luogo nella sede dello stesso Ordine di Colombo, al numero 3 di via Ocampo. 

 Il 14 marzo 1925 furono decise le linee guida della resistenza pacifica alle vessazioni governative: "Oración+luto+boycot = victoria" (Preghiera + lutto + boicottaggio = vittoria).


 Di concerto con l'episcopato messicano l'associazione preparò una petizione con la quale si chiedeva l'abrogazione della Costituzione e delle leggi persecutrici contro la Chiesa Cattolica. Grande fu il successo popolare di questa iniziativa, che vide la raccolta di oltre due milioni di firme sul totale di otto milioni di abitanti dell'intera nazione. Ciò non di meno la petizione rimase lettera morta.


L'espulsione del nunzio apostolico e il rafforzarsi della massoneria



 Monsignor Carvana, il Nunzio apostolico in Messico, protestò ufficialmente il 12 maggio 1926 e fu prontamente espulso. Papa Pio XI intervenne il 2 febbraio 1926 con la lettera Paterna sane sollecitudo, ed il 18 novembre dello stesso anno con l'enciclica Iniquis afflictisque, accusando il governo messicano, la sua costituzione liberale e le persecuzioni ai cristiani. Nel discorso natalizio del 1927 Pio XI, ritornando a parlare delle violenze e delle persecuzioni cui erano sottoposti i cattolici messicani, lamentò il silenzio della stampa internazionale e della politica mondiale.


 In ricorrenza del Congresso Internazionale dei massoni, che si tenne a Bucarest nello stesso anno, San Massimiliano Kolbe scrisse, in un articolo: "Quei signori (cioè i massoni) credono di essere loro a governare: ascoltiamo, allora, ciò che scrivono i 'Protocolli dei Savi di Sion'", documento che Padre Kolbe chiamava: "Il libro davvero fondamentale della Massoneria". Il Santo scrive: "il protocollo numero 11 afferma: "Noi creeremo e metteremo in atto le Leggi e i Governi (…) e, al momento opportuno, (...) sotto forma di rivolta nazionale (...). E' necessario che le popolazioni, sconcertate dall'avvenuta rivolta, poste ancora sotto l'influenza del terrore e dell'incertezza, comprendano che siamo talmente forti, talmente intoccabili, talmente pieni di potere che in nessun caso terremo conto delle loro opinioni e dei loro desideri, ma, anzi, siamo in grado di schiacciare le loro manifestazioni in ogni momento e in ogni luogo (...). Allora, per paura, chiuderanno gli occhi e rimarranno in attesa delle conseguenze. (...). 

A questo scopo abbiamo ideato e imposto ai massoni tutta questa politica, senza dare ad essi la possibilità di esaminarne il contenuto. Questo è servito di fondamento per la nostra organizzazione massonica segreta (...) la cui esistenza neppure sospettano queste bestie da noi adescate nelle logge massoniche'". Il medesimo protocollo prosegue affermando: 'La morte è l'inevitabile conclusione di ogni vita. (...). Giustizieremo i massoni in modo tale che nessuno, (...) potrà avere dei sospetti, neppure le stesse vittime: moriranno tutti nel momento in cui ce ne sarà bisogno, apparentemente per effetto di malattie comuni (...)'". Padre Massimiliano continua: "Signori massoni, voi che, recentemente, durante il Congresso di Bucarest, vi siete rallegrati del fatto che la Massoneria si sta rafforzando ovunque, riflettete e dite sinceramente: non è meglio servire il Creatore nella pace interiore (...), piuttosto che obbedire agli ordini di chi vi odia?".


 In tutto il paese diversi noti esponenti cattolici furono assassinati. Le ragazze che uscivano dalle chiese venivano rapite, imprigionate e violentate. Tutto questo alle porte della liberissima nazione degli Stati Uniti d'America. Mons. Curley, arcivescovo di Baltimora, dichiarò pubblicamente: "Carranza e Obregon hanno regnato in Messico grazie all'appoggio di Washington. Le mitragliatrici che hanno aperto il fuoco, qualche settimana fa, contro il governo e i fedeli di San Luis Potosì, erano americane. I fucili utilizzati contro le donne a Città del Messico, per profanare la Chiesa della Sacra Famiglia, provenivano dal nostro paese. Siamo noi, per il tramite del nostro governo, che armiamo gli assassini professionisti di Calles, noi che li sosteniamo in quest'abominevole piano che egli ha intrapreso: distruggere persino l'idea di Dio nella mente e nel cuore di milioni di messicani". 


 Come si spiega allora l'indifferenza dell'opinione pubblica americana di fronte a questo scempio? La falsificazione attraverso la manipolazione dell'opinione pubblica, intesa come giudizio di tendenza collettivo, è divenuta un momento caratterizzante della modernità. Nella falsa realtà con la sua falsa verità - o addirittura l'assenza di verità - alla fine nulla più è importante. La verità viene considerata un concetto soggettivo, ciò fornisce una prima autogiustificazione ad una vita trascorsa nell'indifferenza. Già da qualche secolo era iniziata la capillare opera di falsificazione globale. Il rendere ogni cosa relativo. Tutto ordinario, come se la frequenza dell'accadimento di un evento mi giustificasse la sua assenza: allo stesso modo non ci si meraviglia più degli assassini ascoltando un comune telegiornale. Tutto nella norma. Tutto è accettato. Allora come ora, sembrava non esistere più la distinzione tra l'autentico e la falsificazione. Come non rimanere allibiti di fronte a questa immensa macchinazione ove il tutto è costruito ad arte per spingere l'animo della gente nel più assoluto torpore? "È evidente che il concetto di verità oggi suscita molto sospetto. È giusto dire che di esso si è molto abusato. In nome della verità si è giunti all'intolleranza e si sono commesse atrocità. (...) La gran parte delle filosofie odierne sostiene effettivamente che l'uomo non sia capace della verità. Ma così non sarebbe nemmeno capace di moralità. E allora non avrebbe unità di misura alcuna. Dovrebbe soltanto badare ad arrangiarsi in qualche modo, e nel migliore dei casi, l'opinione della maggioranza diverrebbe l'unico criterio che conta. La storia dimostra la sufficienza per quanto le maggioranze possono essere distruttive, ad esempio con i regimi del nazismo e del marxismo, l'uno e l'altro segnatamente anche contro la verità." .6


 Il 28 maggio 1926, Calles ricevette la medaglia massonica di merito direttamente dalle mani del gran commendatore di rito scozzese in Messico, Luis Manuel Rojas. Roma non mancò di protestare. 

 Calles ebbe a dichiarare che le sue leggi stavano molto al di sopra di quelle del Papa, e che essendo questi uno straniero, non era a lui che dovevano stare sottoposti i messicani. Dalla città di Monterey disse pubblicamente: "Io farò eseguire la legge, a dispetto dei conati del Papa!".


 Il 12 luglio apparve sulla stampa internazionale il seguente comunicato: "La massoneria internazionale si assume la responsabilità per tutto ciò che sta accadendo in Messico, e si prepara a mobilitare tutte le sue forze per la metodica, ed integrale applicazione del programma concordato per questo paese." 7

   

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Viva Cristo Rey. Boicotaggio, Lutto e Preghiera

 Il 26 luglio, un anziano negoziante fu colpito a freddo da due poliziotti in abiti borghesi. Il suo unico crimine era stato quello di attaccare nel suo negozio un cartello recante la scritta "Viva Cristo Rey!" (Viva Cristo Re).


Le attiviste messicane durante i preparativi

Le attiviste messicane durante i preparativi 


 Entrò così in atto il programma della Liga Nacional: il  boicottaggio economico nei confronti dello stato. Il popolo iniziò a non pagare le tasse e a non acquistare la benzina (anche in Messico c'erano consistenti accise). Nell'arco di poche settimane ci fu un calo delle vendite di tabacco del 74% (monopoli di stato anche da quelle parti). I messicani si impegnarono ad acquistare solo lo stretto necessario. 


 In segno di lutto furono disertati i teatri ed i luoghi di divertimento, molti messicani rinunciarono ai viaggi (le ferrovie dello stato erano gestite dal governo centrale), altri ritirarono i loro depositi dalle banche. Tutte queste iniziative furono diffuse dall'Associazione Cattolica della Gioventù Messicana, fondata da José Anacleto González Flores, usando tutti i metodi cui era possibile accedere. La Banca nazionale subì una perdita di 7 milioni di pesos che la portò quasi al fallimento. La Banca di Tampico e quella inglese fallirono, mentre chiudevano tutte le camere di commercio del paese. 


 Ma il popolo cristiano non si limitò alla semplice protesta economica, avendo molto di meglio: la preghiera. L'intero paese fu attraversato da gigantesche processioni penitenziali: immense catene umane di 10.000, 15 mila fedeli, a piedi nudi e capo coronato di spine, imploravano Dio per loro paese. Fu come se la Beata Vergine di Guadalupe in persona, prontamente scesa in campo, avesse detto: "Pregate, figlioli miei, ln modo speciale perché Satana è forte e desidera distruggere la speranza nel vostro cuore. Solo attraverso la preghiera possiamo vincere il male e proteggere tutto quello che satana desidera distruggere nella vostra vita. Io sono vostra madre e vi amo tutti ugualmente ed intercedo per voi presso Dio.". 


 Come era prevedibile il potere centrale non poteva tollerare tutto questo, Calles non mancò quindi di far intervenire l'esercito, che armato di mitragliatrici pesanti, sparava su qualsiasi assembramento di gente. Caddero così i primi martiri inneggiando a Cristo Re. Il generale Gonzales, coman-dante della regione del Michoacan, per ritorsione al sabotaggio promulgò que-sto decreto: "Chiunque farà battezzare i propri figli o contrarrà matrimonio religioso, o si confesserà, sarà trattato da ribelle e fucilato". 


 I messicani non si lasciarono però intimorire: una bella mattina Città del Messico si svegliò interamente tappezzata di manifesti con i colori pontifici e la scritta "Viva Cristo Re", un'altra volta l'auto presidenziale fu interamente rivestita con adesivi recanti la scritta: "Calles, ci furono dèi peggiori di te, e la Chiesa li ha vinti tutti!".

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Pratiche religiose pubbliche sospese.


 Il 24 luglio 1926, il cardinale Gaspari inviò un telegramma da Roma per l'intero episcopato messicano: "In nessun caso accetteremo la schedatura dei sacerdoti". I vescovi messicani, nell'intento di protestare contro il governo e proteggere la vita dei sacerdoti e dei fedeli, decisero la sospensione del culto in tutte le chiese del Messico a partire dal primo agosto, giorno dell'entrata in vigore della legge Calles. Tutti i luoghi di culto pubblici sarebbero rimasti chiusi, non ci sarebbero state messe, né la somministrazione di sacramenti in tutto il paese, tranne che nelle cappelle private. Nessuno della gran parte dei messicani riusciva ad accettare di essere privati in modo stabile e definitivo dei sacramenti e durante gli ultimi giorni di luglio, la gente affollava le chiese giorno e notte, per farsi battezzare, o per sposarsi, o semplicemente per confessarsi. 

La Conferenza Episcopale Messica dell'epoca 


 Malgrado fosse già l'ora di andare a lavorare nei campi il popolo pensava unicamente a mettere a posto la propria coscienza confessandosi e stando vicino al Santissimo Sacramento quanto più possibile. Col passare dei giorni sempre più contadini affluirono dai villaggi e da tutte le terre vicine, i loro volti pallidi e gli occhi tristi parlavano da soli a proposito dalle loro angosce. Nella parrocchia di Tlalte-Nango c'erano soltanto tre sacerdoti, del tutto insufficienti per confessare così tanta gente. Nonostante il confessionale fosse aperto dall'alba al tramonto con il solo brevissimo intervallo del pranzo, non riuscivano a confessare tutte le persone che erano giunte. Molti dei contadini arrivati non erano assidui frequentatori domenicali della Messa ma ciò non di meno si misero in fila per ricevere il perdono dei loro peccati, moltissime furono le persone che all'epoca convivevano e che collettivamente chiesero di essere congiunte in matrimonio... 


La fila di persone in attesa del confessore

La fila di persone in attesa del confessore 

Giunse alla fine il 31 luglio, a mezzanotte sarebbe stata celebrata l'ultima Messa, ma già alla fine dei Vespri nessuna chiesa riusciva più a contenere la moltitudine immensa. Uno dopo l'altro, i fedeli andavano in ginocchio dalla porta all'altare. Alle 11:30, le campane sonavano tristemente l'ora della messa, e la gente ovunque iniziò a piangere. Le confraternite, i gruppi di preghiera, le associazioni sociali cattoliche: c'erano tutti con i loro variopinti striscioni, così come erano presenti tutti gli altri fedeli. A mezzanotte in punto fu esposto il Santissimo. La Messa ebbe inizio ed alla fine i sacerdoti si spogliarono dei loro paramenti, presero con sé il Santissimo e silenziosamente uscirono dalla Chiesa, congedandosi dai fedeli.


 Da quel momento la Chiesa messicana entrò ufficialmente in clandestinità. Nei primi giorni di agosto il popolo messicano fu privato dei propri sacerdoti, ne rimasero soltanto 200, ed un solo vescovo sui 38 che c'erano prima; questi si opposero in tutti i modi per resistere all’ inventariazione delle chiese con i successivi sacrilegi che ne seguivano. 


 Il grido di battaglia dell'intero popolo fu quello di quel negoziante messicano ingiustamente ucciso: "Viva Cristo Re!". Per evitare di sentire questo grido ai soldati messicani non rimaneva altro che tagliare la lingua di coloro che avevano successivamente intenzione di uccidere e che poi chiamarono Cristeros. Uno di loro scrisse prima di morire: "Stiamo per morire. Noi non vedremo la vittoria, ma il Messico ha bisogno di tutto questo sangue per la sua purificazione. Cristo riceverà l'omaggio che gli è dovuto." E così il sangue scorse a fiumi. Quasi novanta anni dopo Benedetto XVI a proposito della crisi che sta attraversando ai nostri giorni la Chiesa scrive qualcosa di molto simile: "(...) si potrebbe dire che il Signore abbia voluto metterci alla prova, chiamarci ad una più profonda purificazione, così è celebratissimo l'anno sacerdotale non in modo trionfalistico, come autocelebrazione, bensì come anno della purificazione, del rinnovamento interiore, della trasformazione e soprattutto della penitenza." .


 L'unico paese occidentale a rompere le relazioni diplomatiche con il Messico fu l'Irlanda, nessun altro paese ne seguì l'esempio.


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Cristeros: Parte IIIEsercito Liberatore

La rivolta


Di fronte alle continue vessazioni del governo, arresti, confische, campi di concentramento, stupri ed eccidi di massa consumati nell'indifferenza internazionale (ci si ricordi dell'Albania dei nostri giorni o degli eccidi in Africa, delle vessazioni sui Copti...) i cattolici, dopo aver protestato in tutti i modi pacificamente possibili non ebbero altra alternativa che imbracciare le armi, diventando soldati di Cristo, o come venivano spietatamente definiti dei nemici, Cristeros.

 

Nella capitale dello Stato convennero immense folle di pellegrini e sulla cima del Cubilete, centro geografico della nazione, per la prima volta venne lanciato il segnale di riscossa e di insorgenza, che divenne il grido dei martiri davanti al plotone di esecuzione: Viva Cristo Re!


La bandiera della Rivolta

La bandiera della RivoltaL'11 Gennaio del 1927 i combattenti proclamarono il "manifesto della nazione" detto "de los Altos". Nacque così l'Esercito Nazionale dei Liberatori.


All'ombra del vessillo dell'amata Vergine di Guadalupe, nel gennaio del 1927, l'esercito Cattolico messicano contava già 20.000 combattenti, che divennero 30.000 entro la fine dell'anno, per arrivare a 50.000 nel 1920. La rivoluzione venne battezzata Cristiada. Si trattava di un esercito molto male armato: alcuni fucili, carabine, ma soprattutto machete, e qualche volta anche soltanto dei bastoni, pochi cavalli ma con il grande supporto del popolo messicano che non mancava di offrire quel poco che possedeva per sostenere la necessaria rivolta. "Prima eravamo 1000, poi 5000, poi sempre di più! Tutti insieme come per andare a un raccolto... Eravamo fermamente decisi a morire, arrabbiati alcuni, ma morire per Cristo." Così un contadino Cristero dell'epoca racconta lo stato d'animo del popolo.



Gli uomini vecchi, le donne ed i bambini, disarmati, seguivano le truppe nella speranza del martirio. "I genitori di Nemesio e di Isidoro Lopez non volevano vedere i propri figli partire per la guerra, per la paura che la loro carne sarebbe andata ad alimentare coyote ed aquile; ma i giovani combattenti risposero "I coyote possono infatti mangiare la nostra carne, ma la nostra anima salirà dritta al cielo"11 . Contro i Cristeros si mossero 100 colonne mobili, ciascuna di 1000 uomini, delle vere e proprie "colonne infernali" finanziate dagli Stati Uniti (automezzi armati alla leggera, carri armati, aerei da combattimento...).


I primi scontri furono dei veri e propri sanguinosi massacri. Un ufficiale di Calles scrisse: "Sono molto più simili a Pellegrini che soldati, questa non è una campagna militare, è una partita di caccia!". Il presidente Calles rispose: "Sarà tutto finito in meno di due mesi."


Ma quando un pellegrino imbraccia le armi, egli diventa un crociato! Ciò che il governo messicano aveva sottovalutato era la capacità dei Cristeros di auto armarsi approfittando della codardia e della corruzione dello stesso esercito governativo. I federali erano più che altro dei saccheggiatori, gente ubriaca di tequila e grandi fumatori di marijuana, piuttosto che soldati degni di questo nome. Il 15 marzo 1927 l'esercito governativo subì la prima sconfitta a San Julian e a Puerto Obristo dove perse più di 600 uomini.


All'alba del 1° aprile 1927 fu arrestato l'avvocato Josè Anacleto González Flores. Josè fu trasferito alla caserma Colorado, dove venne sottoposto a crudeli torture. I carnefici gli provocarono slogature agli arti, gli spezzarono un braccio a colpi e gli scuoiarono le piante dei piedi. Prima di morire disse a Ferreira: "La perdono di cuore, presto ci rivedremo dinanzi al Tribunale Divino, lo stesso giudice che mi giudicherà, sarà il suo giudice, allora lei troverà, in me, un intercessore presso Dio". Il militare ordinò che fosse trafitto con la lama di una baionetta.

La tattica dell'esercito federale fu quella di spargere il terrore per mettere a tacere i rivoltosi; a tutti i prigionieri fu concessa la possibilità di scegliere tra l'abiura o la fucilazione, anche questo fa parte del solito copione visto e rivisto nell'arco della storia.


La tecnica del terrore

La tecnica del terrore

Tutti i Cristeros avevano scritto il proprio testamento di morte su di un pezzo di carta che portavano sempre addosso. Quando il giovanissimo Josè Sanchez, che aveva solo 13 anni, fu catturato, i federali gli trovarono in tasca questo biglietto: "Alla mia prediletta Mamma. Sono un prigioniero e loro mi uccideranno. Io sono felice. L'unica cosa che mi tormenta è il tuo pianto. Non piangere mamma. Noi ci rincontreremo". Firmato: "Josè ucciso per Cristo Re".


Nel mese di novembre il delegato militare degli Stati Uniti cominciò a preoccuparsi del successo dei "fanatici". Il 40% delle truppe dei Cristeros era equipaggiato con eccellenti Mausers recuperati dal nemico. Come era possibile tutto ciò?

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Cristeros: Parte IIII miracoli

I Miracoli


La Cristiada fu davvero una incredibile successione di miracoli. Uno avvenne durante una celebrazione eucaristica, quando una squadra federale si era accostata ed era pronta a far fuoco per sterminare tutti i fedeli, ma non appena consacrata l'Ostia, questa prese a volare nel cielo sotto gli occhi di tutti: i soldati federali posarono immediatamente le armi e il capo massone che li comandava si convertì e concluse la guerra come generale Cristero.


Processione

ProcessioneUn generale cattolico scrisse di come giunse con i suoi 350 uomini in un poverissimo villaggio di sole undici capanne di paglia. Entrato in una di queste, il generale si ritirò per scrivere il suo rapporto. Uscendo vide con grande stupore i suoi soldati mangiare di gusto, mentre un'anziana donna allibita e con le lacrime agli occhi gli ripeteva in continuo: "Avevo pochi biscotti, eppure ce ne è stato per tutti, e ciò che è rimasto è molto di più di quanto avevo prima!"


Ad una spia dei Cristeros catturata dai federali fu detto: "Essi sono stregoni, e chi li comanda è un generale molto valoroso su un cavallo bianco ed è accompagnato da una donna. Quando abbiamo aperto il fuoco contro di loro, questo non ha avuto alcun effetto, e quando si avvicinavano a noi non eravamo in grado di fare nulla per respingerli. Questi maledetti Cristeros governano le foschie per nascondervisi dentro." La spia Cristero rispose: "Non ci sono cavalli bianchi e non c'è alcuna donna accanto al nostro generale. In verità noi abbiamo la piena fiducia che la Beata Vergine ci accompagni sempre in battaglia assieme a San Giacomo, noi non possiamo vederla con i nostri occhi soltanto perché non ne siamo degni."


Mentre l'esercito federale registrava una media di 30.000 diserzioni l'anno, fra le file cattoliche non ci fu un solo caso di tradimento! Un ciabattino, divenuto capo settore, fu avvicinato dai federali; questi gli offrirono non solo di risparmiargli la vita, ma anche il grado di colonnello. L'uomo rispose: "Non sto combattendo per ottenere un grado, combatto per la Chiesa e per Cristo Re. Non appena vinceremo questa guerra ritornerò alle mie scarpe." Quell'uomo fu ucciso in combattimento nel marzo del 1928.


Con diabolica tenacia gli uomini di Calles tentarono di portare i soldati di Cristo all'apostasia, ma ogni tentativo fu vano. Cristo stesso rinforzava la loro fede.

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 Santi


Martiri Cattolici: l'operato del governo messicano

Martiri Cattolici: l'operato del governo messicano 

Nella Settimana Santa dell’aprile 1927 giunsero a Tatotlán i federali, con i proprietari terrieri, cercando il parroco don Francisco Vizcarra ed i suoi assistenti. Trovarono soltanto padre Sabás Royes Salazar, lo interrogarono lungamente per capire come mai fosse lì da solo, ma lui replicava: “Mi hanno lasciato qui e qui attendo. Vediamo che cosa determina Iddio”. Trovando incomprensibile la grande forza d'animo del santo sacerdote rovesciarono su di lui tutto l’odio generato in quella guerra civile. Dopo averlo legato con forza ad una colonna della chiesa parrocchiale, lo torturarono per tre giorni, negandogli cibo ed acqua; poi con incredibile sadismo gli bruciarono le mani. "Tu dici che Dio scende nelle tue mani?! Bene! Allora fai in modo che Egli discenda e ti liberi dalle nostre!" (anche questa è una frase già sentita un paio di millenni fa, n.d.a). Quando il sacerdote fu fucilato, la sera del Mercoledì Santo uno degli assassini testimoniò: "Lo avevamo già colpito con tre o quattro proiettili quando egli si rialzò, come se nulla fosse stato, per gridare ancora una volta: "Viva Cristo Re!". Padre Sabas Reyes Salazar è stato canonizzato il 21 maggio del 2000.


Valencia Gallardo, uno dei leader dei Cristeros fu legato e torturato, l'unico grido che uscì dalla sua bocca fu: "Viva Cristo Re" allo scopo di esortare alla fedeltà i suoi compagni di prigionia. Gli strapparono allora la lingua, ma egli riuscendo a liberare una delle sue mani la usò per indicare il cielo. Gli tagliarono anche la mano, poi lo uccisero spaccandogli a metà il cranio con il calcio del fucile.


Josè Sanchez aveva 13 anni nel febbraio del 1938, quando fu circondato dai federali. Josè diede il suo cavallo al capo del suo gruppo che era stato ferito in battaglia in modo da consentirgli la fuga e rimasto a corto di munizioni fu arrestato. Una volta catturato disse: "Sappiate bene che io non mi sono arreso a voi, sono soltanto rimasto a corto di munizioni". Il giovane adolescente fu letteralmente macellato! Fu nelle sue tasche che i soldati trovarono quel testamento: "Alla mia prediletta Mamma. Sono un prigioniero e loro mi uccideranno. Io sono felice. L'unica cosa che mi tormenta è il tuo pianto. Non piangere mamma. Noi ci rincontreremo". Firmato: "Josè ucciso per Cristo Re".


Tomasino era un membro del comitato esecutivo della ACJM (Associazione Cattolica Giovanile Messicana) e prefetto della Congregazione di Maria. Arrestato, gli fu offerta la libertà se avesse parlato. Tomasino rispose "Veramente, commettereste un errore: libero, continuerei a lottare per Cristo Re. Per noi, la lotta per la nostra libertà di culto non è opzionale.". Nel mese di agosto 1927, fu impiccato. Aveva 17 anni.


Manuel Bonilla, uno studente, teneva un diario giornaliero: "So bene che per fare grandi cose, Dio si serve dei più piccoli. Noi tutti attendavamo un aiuto che sarebbe venuto non si sa da dove, ma lo stavamo attendendo... Confido nella bontà di Dio: tutti questi sacrifici non saranno vani”. Manuel fu ucciso alle tre del pomeriggio del Venerdì Santo del 1927, aveva soltanto 22 anni. Quindici anni dopo, nel 1942, il suo corpo fu scoperto perfettamente intatto.


I 25 santi martiri (Cristoforo Magallanes Jara e 24 compagni), entrarono subito dopo la canonizzazione nel Calendario Romano al 21 maggio con il grado di "memoria facoltativa". Il Martirologio Romano commemora invece i diversi santi e beati separatamente, ciascuno nell’anniversario del martirio.


Cristobal Magallanes Jara, Sacerdote, 25 maggio

Roman Adame Rosales, Sacerdote, 21 aprile

Rodrigo Aguilar Aleman, Sacerdote, 28 ottobre

Julio Alvarez Mendoza, Sacerdote, 30 marzo

Luis Batis Sainz, Sacerdote, 15 agosto

Agustin Caloca Cortes, Sacerdote, 25 maggio

Mateo Correa Magallanes, Sacerdote, 6 febbraio

Atilano Cruz Alvarado, Sacerdote, 1 luglio

Miguel De La Mora De La Mora, Sacerdote, 7 agosto

Pedro Esqueda Ramirez, Sacerdote, 22 novembre

Margarito Flores Garcia, Sacerdote, 12 novembre

Jose Isabel Flores Varela, Sacerdote, 21 giugno

David Galvan Bermudez, Sacerdote, 30 gennaio

Salvador Lara Puente, Laico, 15 agosto

Pedro de Jesus Maldonado Lucero, Sacerdote, 11 febbraio

Jesus Mendez Montoya, Sacerdote, 5 febbraio

Manuel Morales, Laico, 15 agosto

Justino Orona Madrigal, Sacerdote, 1 luglio

Sabas Reyes Salazar, Sacerdote, 13 aprile

Jose Maria Robles Hurtado, Sacerdote, 26 giugno

David Roldan Lara, Laico, 15 agosto

Toribio Romo Gonzalez, Sacerdote, 25 febbraio

Jenaro Sanchez Delgadillo, Sacerdote, 17 gennaio

David Uribe Velasco, Sacerdote, 12 aprile

Tranquilino Ubiarco Robles, Sacerdote, 5 ottobre


La Cristiada non era una ordinaria rivoluzione con tutti i suoi eccessi, era l'esatto opposto di questo! Essa era una vera e propria chiamata alla santità ed al martirio. Per capirlo basta leggere l'ordine del giorno di uno dei suoi generali poi ucciso in battaglia nel 1927.


"I capi divisione del Sud di Jalisco, Colima, Nayarit e ad ovest del Michocan Esercito di Liberazione Nazionale hanno adottato le seguenti misure:

1) Rendere ufficiale e pubblico omaggio al Sacro Cuore di Gesù, unico sovrano della nostra armata e umilmente consacrare a Lui tutto il lavoro della giornata e la vita stessa degli uomini della divisione.

2) Non omettere mai, con qualsiasi pretesto, la recita quotidiana del Santo Rosario alla Beata Vergine di Guadalupe, considerare questa osservanza alla stessa stregua del più elevato ordine militare.

3)Organizzare nei limiti del possibile le truppe in modo da consentirgli la presenza domenicale alla Santa Messa, il sacramento della confessione e la comunione Eucaristica.

4)Non rinunciare mai alla umile preghiera ed alla contrizione del cuore per garantire la costante presenza divina durante le b

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